Non siamo dalle parti dello stallo di Hank 3, praticamente scomparso da produzione discografica, concerti, vita pubblica e social dal 2013, ma insomma, per uno come Bob Wayne, che dal 2006 al 2017 aveva pubblicato nove dischi in dieci anni ed è stato costantemente in tour, una iato di quattro anni dall'ultimo Bad hombre è comunque significativa.
Ricordiamo per chi si fosse sintonizzato solo ora sul blog il profilo del personaggio (tutti i post a lui dedicati sono taggati a destra e in calce a questa recensione), che vive in un camper, ha sposato in pieno la causa hobo/outlaw country, si guadagna da vivere con show e merchandise (del tipo abbastanza reazionario - se volete farvi un'idea... - ), girava con Hank 3 e tra i vari tatuaggi ne ha sul braccio uno bello grosso dei mitologici Neurosis (anche qui, per chi vivesse sulla luna, non fanno country ma metal estremo). L'ho visto una volta dal vivo poco meno di una decina di anni fa, e, data la location a misura d'uomo, ho avuto modo di scambiarci due parole, ricavandone l'impressione di un tizio affabile, ma da non far incazzare.
Torniamo a bomba, Scrivevo di quanto sia significativo l'orizzonte temporale trascorso dall'ultima release. E' molto significativo anche il mood scelto per il comeback dopo tutto questo tempo: atmosfere scarne su di un sound quasi completamente realizzato da voce e chitarra, testi nei quali caciara e goliardia sono sostituite da temi malinconici, tesi e drammatici. Insomma, fate le debite proporzioni, Bob Wayne ha realizzato il suo personale "Nebraska".
Con Rogue Bob Wayne regala senza dubbio al suo pubblico un disco maturo, una delle sue opere migliori di sempre (i primi cinque pezzi acustici sono un apice creativo), smettendo la maschera dell'irriverenza e rivelandosi finalmente artista compiuto.
A primavera sarà in Italia.
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