giovedì 21 gennaio 2021

La belle époque (2019)


Victor, ultrasessantenne ex-disegnatore professionista, si trova oggi in uno stato di disillusione e depressione, non riconoscendosi nella società moderna, nei suoi cambiamenti tecnologi, civili e politici. La moglie Marianne, di professione psicologa, al contrario, è moderna, entusiasta e ancora affamata di vita, al punto dal non sopportare più l'indolenza del marito. Durante una cena tra amici, presente il figlio della coppia, viene raccontata di una nuova iniziativa imprenditoriale che offre la possibilità di vedere ricostruita nei minimi dettagli l'epoca storica che si desidera vivere (o rivivere), così da poter esserne parte, sebbene per brevi momenti. Grazie ad un'intuizione del figlio e all'amico imprenditore autore dell'iniziativa (che ha un debito di riconoscenza nei confronti di Victor), al vecchio arnese del novecento verrà offerta l'occasione di rivivere il momento più felice della sua vita: il primo incontro con Marianne.

In uno dei campi da gioco in cui il cinema italiano si è tristemente impaludato negli ultimi lustri, quello cioè del tema: crisi generazionale degli "...enni" (a seconda del periodo in cui è girato il film trentenni, quarantenni, cinquantenni e oltre), la Francia, ancora una volta (il caso più recente è stato Cena tra amici) ci rimanda dietro i banchi di scuola per una lezione sull'argomento. Ci insegna come, da uno spunto nostalgico, si giri un film con lucidità, leggerezza, ironia ed emozione. In questo, il cast, guidato dall'eccezionale Daniel Auteuil (Victor), realizza in modo esemplare l'idea del regista e sceneggiatore Nicolas Bedos.
Fanny Ardant (la moglie Marianne), eccentrica e adrenalinica, nonostante le sue settanta primavere mette voglia di spaccare il  mondo, i più giovani Guillaume Canet (l'imprenditore Antoine) e Doria Tillier (l'attrice che "interpreta" Marianne da giovane) sono deliziosamente in parte. E, anche se è del tutto evidente il tifo che la mia generazione fa istintivamente per l'amareggiato Victor ("almeno negli anni settanta avevamo delle certezze: la sinistra era la sinistra e la destra era la destra"), la sceneggiatura mette in scena il suo contraltare perfetto, la coetanea moglie Marianne, che non si arrende, e combatte quotidianamente contro il declino intellettuale e la retromania ("non mi mancano quei giorni, non eravamo poi così liberi. Gli stupratori restavano impuniti, abortire era complicatissimo. E poi mi sembrava di vivere in un enorme posacenere").

Un inaspettato, divertente, intelligente, emozionante, piccolo grande film.

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