lunedì 13 novembre 2017

Mine (2016)


In premessa una filosofia che mi impongo come linea guida sulle produzioni italiane: tutti i film che, con coraggio, esulano dai "franchising" imperanti del cinema nostrano, vale a dire il genere commedia o le diverse riproposizioni de Il grande freddo, cercando una via alternativa, più internazionale, a questa arte, per me partono a prescindere da un voto medio-alto. 
Ne consegue che anche questo Mine, in realtà co-produzione Italia-USA-Spagna, affidato alla regia del duo di trentenni Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, qui all'esordio sul lungometraggio grazie alla buona affermazione di tre "corti", gode di qualche metro in vantaggio rispetto alla linea di partenza del mio giudizio.

Siamo in uno scenario di guerra non precisato, probabilmente nordafricano, Mike Stevens (Armie Hammer) e Tom Madison (Tom Cullen) sono l'avamposto dell'esercito americano, inviato in missione per eliminare un terrorista che dovrebbe essere ucciso da Mike, cecchino provetto. La missione fallisce, e i due si trovano a fuggire dai nemici nel pieno del deserto, diretti verso un villaggio di berberi dove dovranno essere recuperati dalle forze USA.
Nella fuga finiscono su un campo minato, Tom viene dilaniato da una mina antiuomo, mentre Mike si accorge di averne innescata una giusto in tempo per evitare di alzare il piede e scatenare l'esplosione. Comincerà da quel momento, con il soldato bloccato sopra la mina, una lotta contro il tempo, la stanchezza, lo sfiancamento fisico, le avversità climatiche del deserto e l'ostilità della sua fauna, in attesa del rescue team.

Ho voluto premettere la mia favorevole predisposizione ai progetti italiani coraggiosi prima di addentrarmi nel giudizio del film, in quanto Mine non è certo un film privo di imperfezioni: ho trovato infatti non pienamente convincenti recitazioni, dialoghi e alcuni sviluppi della trama. D'altra parte però mi ha convinto per la fotografia, alcune intuizioni poetiche (come quella dei soldatini di plastica, soprattutto in virtù della sequenza finale), gli aspetti onirici e la ricostruzione di parte dei flashback. 
Un film insomma che vale la pena vedere e sostenere, anche solo idealmente, per provare a spingere la lenta e tortuosa rinascita del cinema di qualità italiano.

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