In casa siamo tutti amanti dei gatti. Niente di strano, non fosse che l'intera famiglia soffre di allergia specifica a questo animale. Dovessimo stilare una graduatoria dell'intensità della patologia, io mi stabilirei saldamente alla prima posizione con un'allergia all inclusive (un crescendo rossiniano di reazione epidermica, raffreddore, tosse e asma), la mia sweet half al secondo posto e Stefano al terzo. Col tempo dunque ci siamo rassegnati a non gratificare i gattari che albergano in noi. Poi qualche settimana fa qualcosa è cambiato. Mio figlio apprende da un programma televisivo su questi piccoli felini, che una specie precisa di gatto, il siberiano, a fronte della scarsa produzione della proteina Fel D1 (elemento presente nella saliva e a quanto pare causa scatenante dei sintomi allergici), sarebbe addirittura considerato anallergico.
La notizia è di quelle dirompenti e subito ci mettiamo in cerca di un allevamento selezionato di siberiani. Ne troviamo uno disponibile al test (cioè il contatto con gli animali) in provincia di Parma e così una domenica ci mettiamo in macchina carichi di aspettative e partiamo.
Giunti a destinazione mi si presenta una scena che normalmente mi farebbe scappare a gambe levate: in una stanza di meno di venti metri quadrati riposano pigramente una mezza dozzina di mici, che, probabilmente abituati al viavai di visitatori, si dimostrano subito molto affabili e disponibili alle carezze. Mentre scambiamo pareri e informazioni con i proprietari dell'allevamento, sfoghiamo speranzosi la nostra smania repressa di possedere uno di quei felini, accarezzandoli senza soluzione di continuità.
E più registriamo l'assenza di reazioni allergiche e più palpiamo e accarezziamo gatti come se non ci fosse un domani. La cosa va avanti per una decina di minuti, tempo che comunque per me è di tutto rispetto. Poi, come un orgasmo al contrario, sento arrivare da lontano i primi sintomi della reazione allergica che subito si traducono in starnuti e prurito alla gola, e la dura realtà irrompe spazzando via ogni illusione.
Fuori, andando verso l'auto, anche la sweet half comincia a pagare il prezzo di questa full immersion, mentre Stefano sembra l'unico ad essere uscito indenne da quella titanica prova di forza.
Le considerazioni finali dei proprietari dell'allevamento ("qui l'ambiente è saturo, bisognerebbe provare con un singolo gatto in un contesto neutro") mitigano solo parzialmente la delusione e per farci coraggio decidiamo di fare un secondo tentativo prima di rassegnarci definitivamente all'ingiusto destino.
Vabeh, come spesso ci capita, per consolarci abbiamo trovato una trattoria del posto e pranzato con tagliolini al tartufo e polenta e cinghiale che hanno affogato a dovere l'amarezza del sogno infranto.
Tutto sommato, in attesa di alzare il morale delle truppe e organizzare un secondo assalto ai siberiani, la giornata non è stata completamente sprecata.
2 commenti:
Ma scusa, te l'avevo detto anche io che coi siberiani c'è una minore incidenza di allergia. La mia micia è una siberiana, anche se trovatella. A proposito, se vuoi ti dò l'indirizzo di un allevamento dove le mamme gatte non vengono brutalmente sfruttate e i gattini sono affidati dopo lo svezzamento. Gli allevamenti in generale non sono bei posti e le fattrici vengono spesso abbandonate quando non ce la fanno più a procreare, quindi occhio. By the way, so che sei un ragazzo coscienzioso ma voglio metterti in guardia come gattara: un micio è una responsabilità, e non da poco. Good luck.
Sempre avuto gatti prima dell'insorgere
dell'allergia, so che sono un impegno (come qualunque altro pet, del resto).
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