Il tempo, si sa, non sempre è galantuomo. Vale per le persone ma anche per la musica, la letteratura, il cinema, l'arte in generale. Rivedere con gli occhi di oggi quello che ci piaceva 15,20,25 anni fa ci mette sovente nella condizione di dover ridimensionare le nostre passioni giovanili.
Con questa preoccupazione che mi ronzava in testa, l'altra sera ho avuto l'occasione di rivedere un film che all'epoca (parliamo del 1993) mi colpì molto. Parlo di Sei gradi di separazione, tratto dalla commedia teatrale omonima di John Guare.
Con questa preoccupazione che mi ronzava in testa, l'altra sera ho avuto l'occasione di rivedere un film che all'epoca (parliamo del 1993) mi colpì molto. Parlo di Sei gradi di separazione, tratto dalla commedia teatrale omonima di John Guare.
L'ambientazione è quella degli appartamenti e del mondo della uptown class newyorkese, e in particolare della coppia Paul (mercante d'arte, interpretato da Donald Sutherland) e Ouisa Kittredge (Stockard Channing, viso più noto del nome, probabilmente), la cui apparente perfetta simbiosi viene messa in crisi dall'effetto a catena innestato della conoscenza da parte dei due di un giovane di nome Paul (interpretato da un Will Smith, qui alla sua prima prova cinematografica importante) che sostiene di essere il figlio di Sidney Poitier.
La (dis)avventura dei Kittriedge con Paul diventa inizialmente oggetto di conversazione nei pranzi e nei salotti esclusivi di Manhattan, ma con il passare del tempo la rivelazione di alcuni particolari della vita del misterioso ragazzo, squarciano, almeno per Ouisa, il confortevole velo dell'ipocrisia e dei rapporti superficiali nei quali è scivolata la sua vita, rendendo evidente anche il fallimento della coppia nella crescita dei figli.
In magico bilico tra commedia e dramma, il film mi ha restituito tutta l'emozione che ricordavo e anzi, le esperienze di vita che ho accumulato in questo orizzonte temporale mi hanno fatto ulteriormente apprezzare piccole sfumature, la profondità di alcuni temi, l'intensità di taluni passaggi e lo spessore di buona parte delle interpretazioni.
Non c'è che dire insomma, in questo caso caso l'arte è invecchiata di gran lunga meglio di quanto abbia fatto il sottoscritto.
Non c'è che dire insomma, in questo caso caso l'arte è invecchiata di gran lunga meglio di quanto abbia fatto il sottoscritto.
uno dei miei film preferiti.
RispondiEliminauh, bello. ben scritto, ben recitato. una piccola lezione di come può essere il teatro al cinema
RispondiEliminaTra l'altro nel post ho omesso di
RispondiEliminacitare la teoria di cui al titolo.
La metto qui:
"La teoria dei sei gradi di separazione è un'ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari. Tale teoria è stata proposta per la prima volta nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy in un racconto breve intitolato Catene."
http://it.wikipedia.org/wiki/Sei_gradi_di_separazione