venerdì 9 dicembre 2011

Back at the top


Tom Waits
Bad as me (Anti, 2011)


La domanda da porsi è questa: perchè Tom Waits riesce nell'obiettivo di restare fedele a se stesso, al sound che ha eruttato fuori nel 1983 con Swordfishtrombone, senza eccedere mai in autorefenzialità? E perchè invece la maggior parte di suoi coetanei quando ci prova cade immancabilmente nell'autoplagio?

Le risposte possono essere multiple. La prima è che l'ispirazione, quella vera, sembra non abbandonarlo mai. Un'altra risposta è che probabilmente Tom non avverte il peso delle aspettative rispetto ai suoi lavori. Dà l'impressione di fottersene insomma. Non ha baracconi da portare in giro negli stadi un anno si e uno no. Le tournè le fa quando, come e dove gli pare. La qualità delle canzoni, infine, è sempre eccellente. Partiamo da Chicago, la prima traccia di questo Bad as me, e della fuga del suo protagonista verso un posto dove "tutto sarà migliore". Un pò come succedeva al fuggitvo di Singapore, apertura del seminale Raindogs. Una botta di futurismo rock scatarrata nel microfono.

Dopo un inizio pirtecnico e rumorista che si conclude con il twist allucinato di Get lost, il saliscendi di emozioni composto da Waits giunge finalmente al primo momento di introspezione che si traduce in un trittico di lenti. Il suggestivo Face to the higway, lo struggente Pay me e la ballatona Back in the crowd. E' questo uno dei momenti topici dell'album, oltre a servire per tirare il fiato prima di tornare al lato più scatenato del meltin pot di suoni del cantautore newyorkese, che si scrolla di dosso i sentimentalismi residui con l'animalesca title-track.

Ma ho fatto riferimento allo stile "rumorista" di Tom Waits, inaugurato quasi venticinque anni fa con Swordfishtrombone. Prima di esso l'artista americano aveva evoluto il suo personalissimo songwriting in ballate jazz disperate, notturne, fumose. Da club di terza categoria aperti tutta notte solo per i cuori infranti. La traccia numero nove, Kiss me, torna imprevedibilmente proprio da quelle parti, neanche fosse una outtake di Foreign affairs (lo stesso si può dire per la conclusiva New year's eve). Un pezzo suntuoso.

Dimenticavo gli ospiti. A coadiuvare il maestro tanta gente di qualità. Da Keith Richards, al fido Marc Ribot, a Les Claypool a David Hidalgo a Flea. Il disco è uscito in due versioni, quella normale consta di tredici tracce, la speciale ne annovera tre in più.

Un ritorno proprio come ce l'aspettavamo ma non per questo meno sorprendente. Ma come fa?!?




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