giovedì 3 marzo 2011

The hazard of folk


The Decemberist
The king is dead
Capitol Records/Emi, 2011



Non conosco approfonditamente The Decemberist, però qualcosa nell'ascolto del nuovo album, The king is dead, non mi tornava. Allora sono andato a riascoltare il precedente del 2009, The hazards of love e ho avuto la conferma che, se la band è la stessa, la cifra stilistica è completamente mutata.

Laddove li trovavo eccessivamente oscuri e opprimenti, li ritrovo raggianti già dalla opener Don't carry it all, pezzo arioso, aperto da un'armonica soffiata a pieni polmoni e dalle poderose aperture dei cori.

Li sorprendo ad omaggiare The Band (Down by the water), Dylan (January Hymn; June Hymn) e le ballate irlandesi in odore di Waterboys (l'emozionante Rox in the box).
All arise! con il suo violino un pò alla Waiting on a sunny day è invece un country leggero come una piacevole brezza in una giornata di luglio, mentre con This is why we fight si gonfiano giusto un pò i muscoli.
E se nel crescendo e negli aaawwuuhhh!!! di Calamity song ci sentite i REM significa che avete sgamato l'ospitata di Peter Buck e della sua chitarra.



Che dire? A volte abuso del definizione una bella sorpresa, ma in quest'occasione davvero non trovo chiosa più opportuna.



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