giovedì 8 luglio 2010

Tender heart


Un gradito ritorno, quello di Alejandro Escovedo. Il musicista texano ha appena dato alle stampe Street songs of love, all'insegna di un ispiratissimo rock venato di soul, con influenze che vanno da Springsteen (ospite entusiasta nella traccia Faith) a Tom Petty, passando per John Hiatt, Elvis Costello e Willy deVille.
Dopo aver rischiato la vita per una gravissima forma di epatite, curata anche grazie al contributo di alcuni musicisti suoi amici e fans (Steve Earle, Lucinda Williams, Son Volt, Jayhawks e altri) che hanno raccolto fondi per pagargli le cure (anche attraverso l'album tributo Por Vida ), il quasi sessantenne artista ha sfornato uno degli album migliori della sua lunga carriera. Solare, appassionato, ispirato, un abecedario degli stili e del sound che gli scorre da sempre nelle vene.

La sequenza iniziale dei brani è micidiale. Apre Anchor, chitarre, tastiere e cori in bella evidenza su di un testo perfetto, una canzone che esorcizza il male che ha rischiato di portarselo via, che esprime al massimo gioia e voglia di vivere. Basta un secondo e già ti ritrovi ad urlare il ritornello: I'm in loooove with looove!!!
Seguono Silver clouds, This bed is getting crowed e Street song che continuano a pigiare sull'acceleratore, potenti e senza cedimenti.

Atteso, arriva il momento topico della ballata, anzi delle ballate: Down in the bowery e la deliziosa After the meteor showers, saggiamente intervallate da Tender heart (I got a dream/ Do you wanna be in my dream?/I got nothing indeed / But everything you want) la traccia più dura dell'album, strutturata su di un drumming potente e su riff di chitarra affilati come rasoi.

Il disco scorre che è un piacere, in un momento, e senza avvertire mai la necessità di skippare alcuna traccia (cosa davvero rara di questi tempi, almeno per me), si arriva alla conclusiva Fort Worth blue. Uno strumentale in punta di slide guitar, alla Ry Cooder di Paris, Texas. Delicato e suggestivo, funge da macchina del tempo e dello spazio, ti strappa dalle miserie del traffico dei pendolari e ti porta nella frescura della notte del deserto del Mojave, su una Caddy decappottabile del 56.

Considerato il genere , difficile che Street songs of love possa contribuire a far uscire Escovedo dalla stretta dimensione dell'artista di culto, adorato da pochi fans e da molti colleghi. Il sound è fuori dal tempo, molto "americano", se mi passate il termine. Un genere che fatica ad avere mercato al di fuori della sua ristretta cerchia di ammiratori.
Dovrei dire massì chissenefrega, quel che conta è il valore della musica, ma in realtà un pò mi spiace per Alejandro, una botta di successo se la meriterebbe tutta, e con gli interessi, vista la dedizione che ha messo durante tutta la vita nel suonare il suo rock and roll.

Ad ogni modo comunque, per quello che può valere, è già nella mia nella top ten dell'anno.

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