"The only place I get hurt is out there. The world don't give a shit about me."
Randy 'The Ram' Robinson
Randy "L'Ariete" Robinson si definisce un wrestler professionista, in realtà il suo apice l'ha vissuto vent'anni indietro, nel 1989, con un match memorabile disputato al Garden di New York contro la nemesi cattiva di un lottatore chiamato l'Ayatollah.
Oggi Randy vive di incontri "amatoriali", organizzati dove capita, di fronte a poche decine di spettatori.
Splendida in questo senso la scena iniziale del film, con lui seduto in uno spogliatoio ricavato da un aula d'asilo, tra giocattoli, piccole sedie e lavagne, dopo un combattimento si era svolto nella palestra della scuola.
Il film fa conoscere al pubblico europeo il sottobosco di un'attrazione, il wrestling, considerato da molti alla stregua di un circo, e che qui viene invece raccontato come uno sport fatto sì di spettacolo, ma anche di fatica, sudore, sofferenza e dolore.
Con un campionario di umanità varia che si veste con calzamaglie colorate e si nutre di anabolizzanti, che si conosce e si sostiene a vicenda, che concorda mosse e andamento degli incontri, che sul ring ha un ruolo preciso, da buono o cattivo, e che di conseguenza viene amato o detestato dal pubblico per la parte che recita.
Randy è un'istituzione tra wrestler locali. Il suo è sempre l'incontro principale del cartellone, vince regolarmente contro lottatori che interpretano figure negative, è rispettato e benvoluto da chiunque faccia parte di quel giro.
Dal punto di vista personale però è alla deriva. Solo, sempre al verde, quando riesce a pagare l'affitto vive in una casa mobile, altrimenti passa le notti nel suo mini-van, non ha amici veri, non ha futuro. Tira a campare con le gare di wrestling amatoriali, attraverso gli incontri organizzati coi fans e con un lavoro precario da magazziniere.
Ogni minuto della vita di Randy sembra difficile e doloroso, respirare, mangiare, svegliarsi, cercare di crearsi degli affetti, cambiare la sua esistenza. Questo concetto è espresso in modo efficace dalla frase in apertura di post (recuperata da Ale che ha visto il film in lingua originale). Non c'è spazio per l'Ariete nel mondo reale, è un uomo che vive costantemente nel passato, che la società ha da tempo espulso comportandosi come fanno gli anticorpi con i virus.
Tutto, nel mondo di Randy, è fermo al suo momento di gloria e agli anni ottanta: l’hair metal, le cassette che usa per ascoltarlo, i suoi vestiti, la sua auto, i suoi capelli. E la realtà degradata in cui vive sembra assecondarlo, in tutto il film non si vede un solo cellulare, un computer moderno, o un qualunque segno del progresso tecnologico che si mostra attraverso gli status symbol attuali.
Randy si gioca le ultime carte per cercare una vita normale con l'amica ballerina di lap dance Pam (una bravissima Marisa Tomei ) e tentando di riavvicinarsi alla figlia che non vede da anni (Evan Rachel Wood, che invece non mi ha convinto). Dall'esito di questi drammatici confronti si decide il suo destino.
Le vicende di Randy ci vengono mostrate attraverso l'uso sgranato della pellicola, attraverso riprese che ricordano a volte quelle dei documentari verità, con la camera alle spalle del protagonista, che lo accompagna, quasi lo spinge, nel suo incedere insicuro.
Tanto era l'interesse per The Wrestler, film della risurrezione di Mickey Rourke, che ho letto un numero tale di recensioni e articoli, da non essere certo di poter dire qualcosa di veramente mio, adesso che l'ho finalmente visto, mi perdonerete spero se nel recensirlo qualche concetto già espresso da altri mi possa esser rimasto appiccicato alla tastiera. Nonostante tutta la roba che ho letto comunque, il piacere della visione, l'emozione che ho provato vedendo alcune scene, non ne ha affatto risentito. A tratti la simbiosi tra Mickey e Randy è impressionante.
Fatti due conti, l'incontro che ha segnato l'apice della carriera di Randy Robinson, il wrestler protagonista del film, è del 1989. In quell'anno Mickey Rourke chiudeva la fase più luminosa della sua carriera con due film importanti (Johnny il bello di Walter Hill e Ore disperate di Cimino) prima di precipitare in una micidiale spirale autodistruttiva: difficile pensare a questa analogia tra l'attore e il personaggio che recita nella pellicola di Aronofsky, come ad una casualità.
Forse non sarebbe stato giusto dare l'Oscar a Rourke per la recitazione in questo film, in effetti, non è che si può parlare di una prova d'attore epocale.
L'ex divo delle ragazzine ai tempi di 9 settimane e 1/2 non recita un personaggio, porta sul grande schermo se stesso, senza vergognarsi della sua faccia quasi deforme, della sua inespressività, delle sue ferite ben visibili nel corpo e penso anche nello spirito .
Alla fine, chi se ne fotte del premio di una giuria di rotti in culo: Mickey The Ram Rourke ha schienato i suoi demoni, ed è sopravvissuto per raccontarlo. E a culo tutto il resto.
Bella!!! Soprattutto la seconda parte...:-)
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