lunedì 2 ottobre 2023

Lettera al mio giudice, George Simenon (1946)

Vista da fuori, la vita del dottor Charles Alavoine sembra il perfetto coronamento di molti obiettivi borghesi. Una solida posizione sociale, una bella casa, due figlie, una moglie invidiata da tutti. E dunque perchè costui si trova in prigione, da dove sta scrivendo una lettera al giudice incaricato del suo caso? Si intuisce abbia commesso un grave delitto, ma perchè? E chi è la vittima?


Romanzo in forma epistolare scritto da Simenon in pochi giorni, nel periodo post-bellico in cui riparò in America in fuga dalle accuse di collaborazionismo, Lettera al mio giudice, come spesso accade per le opere di questo autore, si rivela ancora oggi al lettore con una modernità quasi sconcertante. Alavoine, il protagonista, racconta di sè al giudice istruttore a condanna emessa, quidi non per scagionarsi, ma per spiegarsi. Tuttavia, prima di arrivare al contesto in cui è maturato il delitto, compie un'analisi lucidamente scientifica della pantomima del suo processo, dove sconfessa risolutamente la retorica prosopopea dei suoi prestigiosi avvocati, che scelgono una linea difensiva da lui disapprovata non in quanto debole ma perchè insincera, non corrispondente ai fatti. Da lì racconta della sua vita, un'esistenza tutto sommato ordinaria nella quale però germogliano semi di alienazione ed infelicità causati da scelte di vita imposte da convenzioni sociali che subisce e che, nel tempo, lo schiacciano. 

Alavoine potrebbe essere uno qualunque di noi, che vive la sua vita, fino alla morte, senza nemmeno capire la ragione della sua insoddisfazione, di cosa lo divori dentro, del suo malessere inconscio, e così sicuramente sarebbe, se un incontro casuale, fortuito, non deviasse il corso degli eventi della sua esistenza. Questo evento si chiama Martine, una ragazza debole e insicura, anche lei destinata ad una vita ordinaria, da cui tenta di affrancarsi con atteggiamenti forzati, non coerenti con la sua personalità, che la vedono concedersi ad amanti occasionali, abusi alcolici e comportamenti innaturalmente sregolati.

Tra i due nasce una relazione, ed ecco che, improvvisamente, Alavoine libera il suo personalissimo, represso Mr Hyde. Egli è autenticamente innamorato di Martine, per lei corre dei rischi mai nemmeno immaginati prima, mettendo a repentaglio, per poi sconvolgere, la sua vita borghese, la casa, la moglie, la genitorialità. Ma, e qui sta uno degli aspetti più attuali del romanzo, nel rapporto tra il dottore e la ragazza di provincia, si insinua un veleno: la tossicità di lui che ha scoppi improvvisi di violenza (alcuni passaggi del libro li ho trovati particolarmente dolorosi e indigesti) e di lei che li accetta come inevitabili e, in qualche modo, attraverso distorte elaborazioni mentali frutto di traumi emotivi del passato, meritati.

Nella sua lunga confessione, Alovoine dimostra di essere lucido e presente a sè stesso, comprendendo la gravità dei suoi comportamenti, ma, al tempo stesso, totalmente folle, quando trova delle giustificazioni razionali a quei comportamenti disumani. 

Lo stile di Simenon ci permette di entrare fisicamente nel racconto, di capire tutto, la mente del protagonista, il contesto sociale, l'inadeguatezza in cui si sente intrappolata Martine che diventa terreno fertile per innescare la miccia del represso Alavoine. Più di ogni altra cosa, Lettera al mio giudice, oltre ad essere un romanzo strepitoso, teso, angosciante, potrebbe essere, ancora oggi, un caso di scuola utile a comprendere le dinamiche psicologiche che conducono taluni uomini a comportamenti, dentro il rapporto di coppia, che sfociano in dominio possessivo, intimidazioni, molestie e violenze. 
Un libro, a mio avviso proto-femminista, che ci regala due protagonisti, per ragioni diverse, ugualmente indimenticabili.


P.S. Lettera al mio giudice è stato il mio primo audiolibro. Esperienza nuova e interessante, probabilmente anche grazie alla lettura immersiva di Massimo Popolizio

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