lunedì 6 febbraio 2023

Eddie Vedder, Earthling (2022)


Fino a qui la discografia solista di Eddie Vedder (il soundtrack di Into the wild; Ukulele songs) in qualche modo si era sempre tenuta a rispettosa distanza dai Pearl Jam, tendendo a privilegiare la componente artistica più intimista di Vedder. Con Earthling il frontman dell'Illinois decide di scrollarsi di dosso questo eccessivo senso di lealtà verso i compagni di viaggio di una vita e confeziona un album che veleggia sicuro sulle onde del mainstream rock .

Accompagnato da musicisti d'eccellenza (Chad Smith e Josh Klighoffer, rispettivamente batterista ed ex chitarrista dei RHCP, nonchè Benmont Tench degli Heartbreakers di Tom Petty), lungo una tracklist di dodici pezzi, Vedder ci spiega la sua concezione di rock buono per tutte le stagioni. E lo fa, inevitabilmente, attraverso pezzi più o meno riusciti, echi dei Pearl Jam e tracce che invece se ne affrancano totalmente. 
La partenza risponde a questa seconda categoria ed è sicuramente spiazzante: si fatica a ricondurre pezzi come Invincible e Power of right (che comunque crescono con l'ascolto) allo stesso cantante che conoscevamo. Poi però arriva Long way, che è uno straordinario, commovente tributo a Tom Petty e il bilanciamento tra passato (dei PJ) e presente artistico di Eddie trova un suo magico equilibrio. 

Il produttore iper trendy Andrew Watt (Justin Bieber, Miles Cyrus, Post Malone, 5 Seconds of Summer, ma anche Ozzy e l'ultimo Iggy Pop) persegue in maniera evidente l'obiettivo alta rotazione su Virgin Radio e pertanto chiama a raccolta per un featuring - che risulta più folkloristico che sostanziale - big del passato come Elton John (il duetto su Picture è forse l'interpretazione meno riuscita, più fuori dalle corde di Vedder), Stevie Wonder (armonica sul divertente Try) e nientepopodimeno che Ringo Starr per (l'inevitabilmente) beatlesiana Mr Mills. Manca solo Springsteen, ma ci sarebbe stato benone su The dark.

Il disco mi sembra faccia emergere un aspetto inedito del cinquantottenne frontman dei Pearl Jam, più divertente e rilassato, che riesce comunque ad arrivare alla tensione del gruppo madre con una manciata di brani che male non sarebbero stati, nella produzione PJ degli anni zero (Brother the cloudFallout today; The haves; Good and evil; Rose of Jericho). C'è vita oltre i Pearl Jam? Se ci addentriamo nell'interpretazione della conclusiva On my way, Vedder sembrerebbe orientarsi ad una risposta affermativa.

Di sicuro non il disco dell'anno, ma abbiamo assistito a tramonti artistici ben peggiori.

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