lunedì 10 gennaio 2022

John Mellencamp, The good samaritan tour 2000 (2021)


Nell'estate del 2000, John Mellencamp assunse un'iniziativa più unica che rara, nello show business del suo livello: senza concordare nulla con le autorità, quindi in assenza di qualsivoglia permesso, e senza annunci ai fans, improvvisò una decina di veri e propri concerti acustici nelle strade, nelle piazze, nei parchi di alcune città americane, sorprendendo e deliziando le decine/centinaia di fortunati passanti che si fermarono a vederlo. Gli show furono ovviamente realizzati in modalità unplugged (due chitarre acustiche più quella dello stesso Mellencamp, un violino e una fisa) ed è lo stesso cantautore, al termine di Smalltown, la traccia uno, a spiegare il senso dell'operazione ("giveback" l'affetto e l'amore ricevuto dai fans). 

L'anno prima (il 1999), John era tornato alle sue radici con un album, Rough harvest, nel quale riprendeva alcuni suoi brani di repertorio ed interpretava una manciata di cover. L'operazione, fatta da altri, sarebbe risultata una mera operazione commerciale magari dovuta alla major per ragioni contrattuali, l'artista dell'Indiana invece, ci regalò un disco tra i migliori di una decade ancora di alto livello (Human wheels, Dance naked, il self titled, Mr happy go luck). Bene, lo spirito roots di Rough harvest permea completamente questi show, che suonano in maniera splendida, appassionata e coinvolgente attraverso una scaletta che per nove dodicesimi è composta da cover. Gli unici tre pezzi del repertorio del "coguaro" sono infatti deputati ad aprire (Smalltown, con un verso modificato in una citazione alla moglie), a chiudere (Pink houses) e a inframezzare (Key West intermezzo) la gig.

Per il resto, sulle ali dell'inconfondibile voce "ruggine e terra" di John, si viaggia tra folk, blues e rock and roll omaggiando Dylan (All along the watchtower e una fantastica versione del traditional In my time of dying), Woody Guthrie (Oklahoma hills), gli Stones (The spider and the fly, Street fighting man), Manfred Mann (Captain Bobby Stout), Jerry Hahn Brotherhood (Early bird cafè) e persino Donovan (Hey Gyp) e Rod Stewart (Cut across shorty). Nonostante l'improvvisazione degli spettacoli e la limitatezza dei mezzi tecnici questo disco dal vivo ha una caratteristica che ormai si è persa nelle megalomani registrazioni di concerti riviste e corrette in fase di post produzione: ti immerge completamento nel momento, sembra davvero di essere lì ad assistere all'esibizione della band. Una vera fortuna che Mellencamp (nella cui discografia manca colpevolmente un disco dal vivo celebrativo dell'intera carriera o del periodo a lui più favorevole, tra gli ottanta e i novanta) abbia deciso di pubblicare questi nastri.

Certo, appare davvero imprevedibile, e non è la prima volta, la personalità di questo personaggio, capace di farsi aspettare quasi trent'anni dai suoi fans italiani per poi concedersi in modo rapido e bizzoso (qui il post sul concerto incriminato) e, al tempo stesso, "regalare" una decina di show meravigliosi ad una manciata di inconsapevoli, fortunati e non paganti spettatori improvvisati.

A giorni (21 gennaio) uscirà il suo nuovo disco (Strictly a one-eyed Jack), con una collaborazione che negli ottanta avrebbe fatto tremare l'industria discografica americana fino alle fondamenta, e che oggi passa invece sostanzialmente inosservata. Delle dodici canzoni che comporranno l'album, tre saranno infatti eseguite assieme a Bruce Springsteen. Staremo a vedere.

P.S. A corredo del Good samaritan tour è stato realizzato un mediometraggio che si può vedere gratuitamente su youtube a questo link

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