giovedì 21 ottobre 2021

Valerio Evangelisti, Il sole dell'avvenire - Vivere lavorando o morire combattendo

Romagna, 1881. Attilio Verardi, ex garibaldino, fa parte di quella vastissima fascia di popolazione che combatte ogni giorno per un posto di lavoro (da operaio o da bracciante) che gli permetta, nella miseria più nera, di mettere qualcosa in tavola e sperare in un domani migliore. In un contesto sociale tumultuoso, popolato da anarchici, rivoluzionari, socialisti di diverse gradazione di rosso, e, dall'altra parte della barricata, una repressione crudele e scientifica delle forze dell'ordine al servizio della protervia dei padroni, l'affiliazione ai movimenti che si propongono di tutelare i poveracci è quasi obbligatoria, ma non priva di conseguenze. 

La mia sinossi del romanzo si concentra su uno dei protagonisti del libro, in realtà l'autore divide la sua opera in tre soggettive, Attilio appunto, la moglie Rosa e il figlio Canzio. Attraverso gli occhi di un uomo, una donna e un ragazzo, Evangelisti ci narra vent'anni di storia italiana, dal punto di osservazione della Romagna, terra attraversata da un attivismo politico fortissimo, contraddistinto, come da sempre nell'ambito della sinistra, da profonde divisioni. Oltre che appassionante, la lettura è un importante remind (per me, per altri potrebbe essere una scoperta) su cosa erano i rapporti di classe nell'Italia post risorgimentale, con i lavoratori che si spaccavano la schiena per compensi che gli permettevano a malapena di sopravvivere, e che erano disponibili a viaggiare ovunque ci fosse una minima prospettiva di lavoro. In questo scenario, Attilio e i suoi sfortunati compagni si spostano dalle bonifiche di Ostia (quelle che di cui i nostalgici attribuiscono il merito al duce) alla Sardegna e fino alla Grecia, in una spirale verso il basso che sembra non avere fine, alla quale si sopravvive esclusivamente grazie ad una solidarietà commovente tra sventurati. Allo stesso tempo vediamo il sadico sfruttamento di braccianti e mezzadri (la famiglia di Rosa), che, oltre ai beni, si vedono privati della dignità, sottoposti come sono a soprusi di ogni genere. Co-protagonisti della narrazione, personaggi realmente esistiti, dai "big" Turati e Costa a figure magari meno note ma che hanno lasciato il loro segno sui libri di storia (e su wikipedia).

Il romanzo fa parte di una trilogia (i capitoli successivi sono Chi ha del ferro ha del pane e Nella notte ci guidano le stelle) che, attraverso il focus sulle generazioni dei protagonisti, copre la storia del Paese fino al 1950 e, se non si fosse capito, lo consiglio caldamente.

2 commenti:

  1. Sì. Non solo ti viene voglia di proseguire la lettura coi volumi successivi (sono al secondo), ma anche di rileggere la storia d'Italia di quel periodo (ci sto lavorando ;) )

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