lunedì 14 ottobre 2019

Dinosaur Pile-Up, Celebrity mansions

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Altra rilevante scoperta di un anno estremamente proficuo, questi Dinosaur Pile-Up, band di Leeds, UK, che, in barba ai miei tempi di carotaggio, è attiva da una decina di anni con quattro album all'attivo, di cui Celebrity mansions è l'ultimo.
La cover del disco rimanda l'immagine di un gruppo di allegri cazzoni e la percezione non è del tutto errata, anche se questa definizione andrebbe estesa e completata:  si tratta infatti di un gruppo di allegri cazzoni con una capacità fuori dal comune di mettere insieme riff e parole, dotati di un radar musicale affollato da una pletora di influenze.

Ci vuole davvero poco per innamorarsi dei DP-U. Basta che parta il primo pezzo del disco, che, a dire la verità, conquista già da titolo, Thrash metal cassette, ma che poi stende definitivamente per tiro e incipit del testo:  "Thrash metal on the stereo / Sixteen hours a day / Yeah, drivin' on a shitheap splitter / We got to get to LA".
A questo punto l'ottovolante è partito e non c'è più modo di scendere, cioè di premere stop sul lettore. 
Back foot è infatti un'altra mazzata che impone anche ai corpi più agè, sgraziati e fuori forma di raggiungere un pit immaginario e pogare come non ci fosse un domani.

Non mi sono soffermato sul genere musicale proposto dai Dinosaur Pile-Up (a proposito, la formazione è un classico power trio capitanato dal chitarrista/cantante/leader/frontman Matt Bigland, unico componente originale, più basso e batteria ) e non vorrei si pensasse ad un disco "banalmente" (e lo dico con tutto il mio noto affetto per il genere) metal. 
Quelli bravi li definiscono alternative-rock, ma in realtà le influenze del gruppo sono davvero svariate e trasversali. 
Ascoltando e riascoltando Celebrity mansions quella che emerge è piuttosto una spiccatissima sensibilità nineties, quando, soprattutto nelle prima metà di quegli anni, la parola d'ordine era contaminare stili e generi.
Non solo grunge quindi (tuttavia, quanto avrebbe spaccato nel 1993 un pezzo come Round the bend?), ma Foo Fighters (Pouring gasoline, altro anthem, o Black Limousine), e anche, nell'attitudine, Red Hot Chilli Peppers, poi Faith No More (la title track), Smashing Pumkins, il punk (Stupid heavy-metal broken hearted loser punk) e il power pop dei Weezer (K West).

Un disco enorme, fonte di inesauribile divertimento. 
Da questo punto di vista, senza esitazione alcuna, il migliore dell'anno.
Consigliato a palla di cannone. 

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