lunedì 5 agosto 2019

I migliori della vita: Bryan Adams, Reckless (1984)

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Potenza di uno spot fatto bene. Il recente commercial della DHL , che utilizza Bryan Adams e il suo brano Summer of 69 per celebrare i cinquant'anni dalla nascita del gigante logistico americano, mi ha portato in un batter d'occhio indietro di oltre trent'anni, quando i miei ascolti erano monotematicamente orientati al blu collar rock, dentro al quale il canadese Bryan Adams aveva un posto di rilievo.
Così ne approfitto anche per ribadire il profilo di questi post celebrativi, che non riguardano necessariamente capolavori assoluti della musica, ma molto più semplicemente dischi ai quali sono legato, anche solo da un legame affettivo, che può prescindere, e di certo prescinde, dal valore oggettivo dell'opera.

Nel caso di specie, Reckless è un album di rock mainstream che inanella un numero impressionante di anthem, tanto da configurarsi alla stregua di un greatest hits di inediti,
e basta leggere la tracklist per capirlo. 
Ma sull'analisi delle canzoni ci torno, prima c'è da considerare come il successo dell'album fu tutto, meno che frutto del caso o di un colpo di fortuna, se è vero che Adams ci lavorò per mesi, facendo e disfacendo più volte (come nel caso di Run to you, oltre un anno di gestazione, o di Summer of 69), a dimostrazione di una costante insoddisfazione, propria dei grandi artisti.

Rimettere su il vinile oggi è un vero e proprio tuffo nel mio passato. Non ho comprato il disco in tempo reale (1984), ma solo qualche anno dopo la sua uscita, tuttavia le sue note accompagnano un periodo della mia giovinezza felice, spensierato e inebriante, che le canzoni del disco ben riannodano.
A partire da One night love affair, midtempo d'apertura di grande fascino, con la voce squisitamente roca di Bryan messa nelle migliori condizioni per fare breccia immediata nel cuore dell'ascoltatore.
Da lì comincia un viaggio che ti impediva di estrarre la cassetta dall'autoradio (se non per cambiare verso) per tutti i trentotto minuti di durata del disco, attraverso un viaggio che, per il lato A del vinile si manteneva su un mood più midtempos, non lontano dalle atmosfere AOR tanto in voga in quel periodo, enfatizzate al loro massimo dall'unico lento del lotto, quell'Heaven presenza fissa di qualunque compilation di ballate che abbiamo preparato speranzosi negli ottanta, oltre che per i singoli Run to you e Somebody, ma che aspettava il lato B per darci dentro davvero, a partire dall'anthem autobiografico Summer of 69 e attraverso la canzone manifesto Kids wanna rock e il duetto con Tina Turner It's only love, per avviarsi alla conclusione senza mai prendere fiato con il rock 'n' roll di Long gone e l'ultima sferzata, appena venata di southern, rappresentata da Ain't gonna cry.

Insomma, Reckless è l'indiscussa pietra miliare di un certo tipo di rock, commerciale, effimero, per molti forse anche vecchio (e non vintage), ma che a me smuove ancora molto. Perchè, come si dice, al cuore non si comanda...

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