Vi ho risparmiato una lunga e melensa tirata sul mio rapporto con la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Di quanto questo giornale sia stato importante per la mia formazione musicale, del legame affettivo con i suoi giornalisti storici, di come il trimestrale Extra, con la sua rubrica i migliori dischi del decennio, abbia contribuito a dare dignità alla mia discografia e di come la notizia, ormai metabolizzata da qualche giorno, della sua chiusura, mi avesse colpito.
In realtà, dopo un intenso coinvolgimento idealistico che mi aveva spinto ad aderire alla campagna di abbonamenti del 2012 (ci ho anche scritto un post), per impedire che la rivista chiudesse, l'uscita dei miei riferimenti critici (Guglielmi e Cilìa su tutti) e il cambio di direzione editoriale, che ha svoltato verso lidi che non mi appartengono, per me il Mucchio era morto e sepolto da un pezzo.
E' un pò quello che succede quando un personaggio pubblico sparisce dalle scene e tutti si convincono sia passato a miglior vita (un pò come Martin Landau/Bela Lugosi nel film di Tim Burton Ed Wood): quando muore per davvero nessuno quasi ci fa caso.
E' triste, ma non possiamo farci nulla.
Il Mucchio si era perso da tempo, con l'abbandono di Antonio Tettamanti,
RispondiEliminala morte di un altro fondatore, l'arrivo di nuove generazioni che secondo me avevano snaturato la rivista che conoscevo.