lunedì 2 aprile 2018

Monolith (2017)

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L'operazione Monolith viene realizzata attraverso una co-produzione italo-americana e consegnata nelle mani del giovane regista Ivan Silvestrini, che fino a quel momento, nella sua breve carriera, ha diretto solo pellicole di genere totalmente diverso (sentimentale/commedia). Il film è un progetto globale della casa editrice Bonelli che nasce prima come fumetto (dallo stesso titolo, ma definito "primo tempo") e poi, appunto, come produzione cinematografica ("secondo tempo").
La storia è quella di Sandra, giovane mamma di David, che si è lasciata alle spalle, non senza rimpianti, una carriera di cantante pop in un gruppo all female e che è spesso sola col figlioletto, visto che il marito continua invece a fare il produttore musicale di successo ed è sempre da qualche altra parte del Paese, alimentando la gelosia di lei.
Siccome sono imballati di soldi, invece delle classiche rose della colpa, lui le regala un'automobile sofisticatissima, dotata di un'intelligenza artificiale e di sistemi di sicurezza che nemmeno il Pentagono. Durante un banale viaggio per raggiungere la madre del marito assieme al piccolo David, Sandra, turbata da alcuni avvenimenti, provoca involontariamente la chiusura in modalità "bunker" dell'auto con dentro il figlioletto legato al seggiolino di sicurezza (e il proprio smartphone), su una strada isolata di tipo desertico. Da quel momento comincerà un'impari sfida essere umano-macchina per la sopravvivenza di David.

Diciamolo: salvata l'originale idea artistica di partenza, costruita sul binomio fumetto-cinema e il fatto stesso di girare una pellicola di questa natura, che magari in Spagna o in Francia sarebbe stata normale, ma che da noi esula completamente dai soliti, rassicuranti, binari produttivi, Monolith temo non riuscirà a farsi ricordare per molti altri aspetti.
Si tratta infatti del classico film nel quale, dopo cinque minuti, la protagonista ti viene subito in odio e il sentimento, con il passare del tempo e in relazione alle scelte che lei compie, non fa che peggiorare.
L'attrice protagonista Katrina Bowen, la cui carriera è contraddistinta da commedie demenziali e ruoli leggeri, non è in questo senso una scelta felicissima: considerato che Sandra sta sullo schermo il 99% della durata della pellicola, forse sarebbe stato meglio selezionare una interprete più abituata a certi canoni.
Il film, compresi titoli di testa e di coda, dura ottantatre minuti, in pratica come un pilot di una serie televisiva. E, ahimè, il livello qualitativo si attesta proprio su quello di una mediocre produzione per la tv americana via cavo.

Un mezzo passo falso, ma la strada è quella giusta. Non smettete di provarci.

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