lunedì 12 febbraio 2018

Omicidio all'italiana (2017)



Acitrullo, un microscopico paesino di quattro case sputate sulle montagne molisane, versa in uno stato disperato: i sedici abitanti che lo popolano contano infatti una media d'età di sessantotto anni, non nascono bambini da tempo immemore ed è totalmente privo di risorse economiche. La popolazione possiede un'orgogliosa, ottusa ignoranza e in quest'aspetto è degnamente rappresentata dal sindaco Piero Peluria (Capotonda) e dal fratello Marino (Herbert Ballerina). Quando l'unica celebrità del paese, la contessa Ugalda Martirio in Cazzati, muore accidentalmente soffocata dal cibo, Peluria, "ispirato" da una trasmissione televisiva che segue i casi di cronaca nera, condotta dalla mega-star Donatella Spruzzone (Sabrina Ferilli), ne inscena l'omicidio, allo scopo di trasformare Acitrullo in un luogo di pellegrinaggio del turismo macabro e rilanciare così l'economia del paese.

Il secondo film di Maccio Capatonda si colloca intelligentemente tra il genere demenziale e la satira sociale. Un equilibrio complicatissimo e ad alto rischio di deriva che il buon Capotonda (autore oltre che della regia anche del soggetto e della sceneggiature) giostra sapientemente.
La Ferilli, nei credibili panni della regina dei pomeriggi televisivi Barbara D'Urso, che, grazie agli ascolti spropositati della sua trasmissione di cronaca nera detiene un potere assoluto sugli avvenimenti, al punto da condizionare le indagini ufficiali e plasmare la realtà alle percentuali di share del suo programma, è sicuramente un'iperbole surreale della nostra tv, ma costruita in modo da suggerire più d'una riflessione sulla condizione del giornalismo spettacolo.
I personaggi perennemente stralunati di Capotonda e Herbert Ballerina, il loro irresistibile lessico sgrammaticato e sconclusionato, insieme alla modalità di raccontare la storia che prende le distanze sia dai tristi canoni  scatologici dei cinepanettoni nostrani, che dalle volgarità ormai scontate del cinema demenziale americano, sono la vera forza trainante del film. E in quei pochissimi momenti in cui la sceneggiatura si concede una battuta sotto la cintura (in merito ad una capra) lo fa con tempi, modi ed efficacia che ne giustificano ampiamente il ricorso.

Una gradita sorpresa.

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