lunedì 23 marzo 2015

Lemmy Kilmister (e Janiss Garza), La sottile linea bianca


Un pò come quando infili un cd dei Motorhead nel lettore, anche la lettura dell'autobiografia di Lemmy Kilmister ti riserva poche sorprese autentiche. 
In compenso caciara e  divertimento sono garantiti.  
La sottile linea bianca (un titolo, un programma) copre l'avventura di Lemmy nel music biz dai primi esperimenti, passando per la partecipazione al gruppo di space rock degli Hawkind, alla nascita della sua band più famosa e longeva, per un orizzonte temporale che arriva fino ai primi anni duemila. Le opinioni di Kilmister, schiette fino alla brutalità (quelle in merito al 11 settembre di certo non l'avranno aiutato a farsi amici oltreoceano) e suoi i controversi hobbies (come collezionare cimeli nazisti) trovano ovviamente ampio spazio nel volume che, uscendo dal parallelo coi dischi della band, parte piano per poi diventare  irresistibile. 
La droga, il sesso, le collaborazioni, i cambi di formazione nei Motorhead (sia nei singoli componenti che nel loro numero complessivo, passato da tre a quattro e poi definitivamente a tre), i litigi, le convivenze forzate, le cadute e le risalite, tutto è concentrato in queste trecento pagine che rappresentano un punto di riferimento nella filosofia della dissoluta vita rock and roll attraverso le gesta di un suo protagonista assoluto.
Certo, da quando La sottile linea bianca è stato dato alle stampe ad oggi, altre biografie hanno approfittato del solco tracciato, magari stupendo e scioccando maggiormente in ambito di sesso (mi viene in mente The dirt dei Motley Crue) o di dipendenze variegate (Io sono Ozzy), ma questa rimane l'opera prima e come tale unica nel suo genere, anche perchè aiuta meglio a comprendere il particolare DNA di una band, i Motorhead, unica tra le altre storiche a non aver mai raggiunto il vero successo, nonostante l'immensa popolarità del suo brand e la creazione di un sound inconfondibile forgiato nel piombo e nella sporcizia.

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