lunedì 5 gennaio 2015

Ben Vaughn, Texas road trip


Ben Vaughn è in giro da un po'. Se non lo conoscete o il suo nome vi dice qualcosa ma non riuscite bene a metterlo a fuoco, è perché, pur avendo oltre trent'anni di discografia sulle spalle, l'indie americana suo marchio di fabbrica (presente, oltre che nei suoi album anche nelle diverse collaborazioni con cinema e tv), è sempre stata a margine del music business che conta. Perciò, per scelta o rassegnazione, l'artista di Philadelphia ha cominciato ad affezionarsi al suo isolamento e alla sua indipendenza,  smettendo di curarsi anche delle dinamiche promozionali che, in ogni caso, ormai esistono solo per i "top player". E' anche per questo che il ritorno dopo otto anni di assenza di Ben, celebrato con due dischi nuovi di zecca che rispecchiano le sue diverse anime, non viene celebrato nemmeno sul sito personale dell'artista. Una scelta, in un epoca in cui le notizie corrono sui social network alla velocità della luce, da beautiful loser.
Di Desert trailer sessions, registrato all'interno di una vecchia roulotte Silver Streak solo con l'accompagnamento della chitarra,  parleremo in seguito. In questa sede rivolgiamo la nostra attenzione allo scoppiettante Texas road trip, un fulminante ten tracks da trentuno minuti imbevuto della passione per quel melting pot musicale che agita il territorio tra gli USA e il Messico.
Tejano o se preferite Tex mex sugli scudi quindi, con i santini di Ry Cooder, Sir Douglas Quintet e Flaco Jimenez a sorridere sornioni già sull'attacco di Boomerang e a ridere di gusto davanti alle fisarmoniche, ai violini e alle vihuela che incendiano Miss me when I'm gone e Fox in the hole.
Texas rain rallenta i giri del motore attraverso un mood neanche a dirlo da highway polverosa e deserta, mentre le scarne ma poderose contaminazioni rockabilly di Sleepless nights, Seven days without love e Six by six tornano ad attivare la modalità più caciarona dell'album.
Un discorso a parte merita Heavy machinery, affasciante, spettrale e notturna, per la quale credo di non farla fuori dalla tazza nell'evocare lo stile notturno di Stan Ridgway con o senza i Wall of Voodoo.
Se amate il genere o volete avvicinarvici attraverso una nuova release (a seguire sarebbe doveroso il recupero dei classici), Texas road trip è il bignami perfetto: divertimento, atmosfera e rispetto della tradizione vanno festosamente a braccetto con una manciata di inediti nati dall'ispirazione di un artista schivo e appassionato che, speriamo, da oggi cominci a restarvi più presente.

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