lunedì 3 novembre 2014

Nashville Outlaws, A tribute to Motley Crue


Il gruppo è formalmente ai box dal 2008, in teoria starebbe portando in giro un farewell tour con tanto di carte bollate che attesterebbero la serietà dell'impegno. Al microfono Vince Neil s'è inquartato al punto che sembra si sia mangiato un altro Vince Neil intero. Le possibilità che riescano a scrivere il minimo sindacale di dieci canzoni nuove per riempire un ultimo disco è vicina allo zero. Cosa resta per i vecchi fans di quella che, tra alti e bassi, resta probabilmente la più grande glam metal band della storia? Facile rispondere le canzoni, quelle del passato glorioso, ma anche una manciata delle più recenti. Magari rivisitate in chiave pop country, a certificare l'esiguità del delta tra i due macro generi. Nasce così un tributo la cui qualità, come tutti gli album di questa natura, è poco omogenea e più legata ai singoli episodi e a come ogni artista si pone rispetto alle composizioni originali.
In premessa va detto a scanso di equivoci che non siamo dalle parti delle cover che hanno reso famosi gli Hayseed Dixie, che buttavano in caciara blugrass i grandi del metal. Qui l'approccio è più raffinato e radio friendly, pochi violini e nessun banjo, da produzione nashvilliana moderna, perlappunto.

Tra nomi più o meno noti del country americano, sono pochi quelli che riescono nell'impresa di interpretare con personalità i classici dei Crue. I Rascal Flatts ad esempio, così come Brantley Gilbert, si presentano con un compitino svogliato, senza nessuna idea autoctona che emerga nelle loro versioni di Kickstart my heart e Girls girls girls, che, di conseguenza, si dimenticano con la stessa velocità con la quale passano nel lettore. Ci mettono qualcosa in più le singer Cassadee Pope e LeAnn Rimes rispettivamente con l'ottimo recupero di The animal in me dall'ultimo, molto apprezzato da queste parti e meno in giro, The saints of Los Angeles,  e con una Smoking in the boys room in equilibrio tra pop e jazz. Ci si comincia scaldare, dunque. Giusto in tempo per intercettare uno degli highlights della raccolta: la delicatissima e vibrante Without you, cantata con voce angelica da Sam Palladio, in pieno mood da sequenze finali di Sons of Anarchy, che ci ha abituato a strazianti cover di pezzi storici. Buone anche una suadente Looks that kill (Lauren Jenkins) e una southern Live wire (The Cadillach Three), ma è alla traccia numero dodici che si fermano gli orologi. Entrano in scena i Mavericks e mandano tutti dietro la lavagna in virtù di una Dr. Feelgood che sposta la scena dai vicoli di L.A. allo shore di Miami Beach, ed è festa grande con sensuali movimenti di bacino e suadenti ritmi caraibici. Faccio un eccezione alla mia regola di non allegare video e la posto qui sotto, in modo possiate farvi un'idea della performance di Raul Malo e soci. 

E' tutto qui: Dr. Feelgood rappresenta il colpo di reni di un tributo piacevole ma con pochi guizzi esaltanti. Ad ogni modo i fan dei Crue dovrebbero apprezzare, almeno per qualche giro sul lettore.


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