lunedì 3 marzo 2014

Clutch, Earth rocker (2013)


Un bel bagno d'umiltà. Ecco cosa rappresenta per me Earth rocker dei Clutch. Eh sì, perchè dopo tanti anni passati ad ascoltare (principalmente) rock in molte sue sfumature, ti illudi di essere ormai assunto al ruolo di enciclopedia vivente di questa musica, salvo poi trovarti davanti ad un disco stupefacente, suonato da una band che sta sul pezzo dagli anni novanta e che tu non avevi mai sentito e, giustamente, ti rendi conto che di strada da fare ne hai ancora tanta.
Dunque Earth rocker è il decimo album in vent'anni di questo combo del Maryland, che, per usare una terminologia calcistica, si muove tra le linee dei generi hard-rock/stoner con qualche guizzo di hardcore punk. Non è certo l'originalità la carta vincente dei Clutch, ma piuttosto la capacità di scrivere grandi pezzi e, soprattutto, l'autorevolezza nell'interpretarli, manifestata anche grazie al riconoscibilissimo marchio di fabbrica del singer Neil Fallon, dotato di un'ugula potente ma versatile.
Il lavoro è aperto da una doppietta che mette subito le carte sul tavolo: la title track e Crucial velocity sono robuste, energiche e propedeutiche a prenderti per mano e condurti giù, nella tana del bianconiglio Clutch. Più avanti l'armonica che serve l'incipit di D.C. Sound attak! è apparentemente scollegata dal resto del mood del disco ma in realtà si omogenizza in maniera perfetta al clima generale, a suo agio con l'hard rock d'annata che con il blues ha sempre flirtato. Il pezzo più sorprendente dell'opera è piazzato a metà e spacca la tracklist in due come Mosè col Mar Rosso: si tratta dell'incantevole Gone cold, lento notturno, d'enorme suggestione ed atmosfera, che molti ascoltatori hanno avvicinato alla produzione di dark singers come Tom Waits o Mark Lanegan, ma che personalmente mi sento d'associare maggiormente alla black music d'autore dei settanta. Poi si riprende a picchiare duro con The face e Oh, Isabella a stagliarsi sulla (ottima) parte conclusiva del lavoro.

A questo punto, per recuperare tempo e terreno perso,  aspettatevi una playlist monografica di questa nuova/vecchia, ottima band.


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