lunedì 23 dicembre 2013

Saxon, Unplugged and strung up

Dopo aver virato la boa dei trent'anni di carriera e dei venti album pubblicati, l'ultimo dei quali, Sacrifice, uscito ad inizio 2013, i Saxon: "defender of the metal faith"e primi alfieri della nwobhm, si concedono un cadeau, un piccolo lusso superfluo per celebrare la propria storia.
Spesso è stato chiesto alla band di tentare la strada della riproposizione del repertorio insieme ad un orchestra o, al contrario, ma sempre assecondando dinamiche ormai acquisite in ambito rock, quella delle rivisitazioni acustiche dei propri titoli. Ebbene, Byford e Quinn (unici superstiti della formazione originale), in un unico colpo esaudiscono le richieste per entrambi i canoni. E non si limitano a quello.
Unplugged and strung up infatti si divide tra brani riarrangiati con'orchestra, pezzi acustici, ma anche tracce remixate o risuonate (in versione elettrica) per l'occasione.
Il risultato è sicuramente degno d'attenzione, anche per la scelta, azzeccata a mio modo di vedere, di selezionare, tra le quattordici canzoni che compongono la tracklist, molto materiale fuori dalla golden age del gruppo: pezzi molto amati dai fans ma considerati minori dal resto del pubblico. Per fare un esempio, dagli album che formano l'epica trilogia 1980/1981 (Wheels of steel; Strong arm of the law; Denim and leather ) non è estratta traccia alcuna.
L'album è aperto da una versione  remixata di Stallions of the highway, anno domini 1979, proveniente dall'esordio dei Sassoni, tipico sound dell'epoca che per l'occasione indossa il vestito buono facendo un figurone. A seguire una manciata di (cinque) pezzi in versione orchestrale, dai quali emergono una straripante versione di The eagle has landed e un'intensa Call to arms (dal disco omonimo di due anni fa), forse l'interpretazione in cui l'innesto degli archi è più efficace. Nel complesso, la strumentazione aggiuntiva viene usata forse con troppa parsimonia: avendo a disposizione un'intera orchestra, per una volta, avrei osato di più.  Forever free (dall'album omonimo) e Just let me rock (da Crusaders),appositamente  ri-registrate, fanno da cuscinetto al successivo lotto di canzoni acustiche senza regalare particolari emozioni rispetto alle versioni originali.
La conclusiva sezione unplugged comprende invece quattro pezzi: Iron wheels (canzone da centauri che fungerebbe da perfetto commento alle immagini di Sons of Anarchy); Requiem; Frozen Raimbow e l'intensa Coming home.



L'impressione finale è che la band si sia voluta togliere in un colpo solo lo sfizio di rivisitare il proprio sound, ma che l'abbia fatto con poco coraggio e investendoci poca passione. Ognuno dei due lotti principali che compongono Unplugged and strung up avrebbe potuto essere dilatato e approfondito meglio. Così invece abbiamo tra le mani un dischetto divertente ma che nulla aggiunge (ne toglie) all'epopea del combo inglese.



Per i completisti dell'album esiste anche una versione con un cd in più, contenente i maggiori successi dei primi anni dei Saxon.

6,5



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