mercoledì 25 settembre 2013

Max Stèfani, Wild Thing


Dopo essermi dilungato sui retroscena che mi hanno portato a diventare possessore di una copia del libro Wild Thing di Max Stèfani e dopo averlo finito di leggere da tempo, rubo qualche minuto per un breve commento. 
Commento e non recensione, perché non mi viene molto da scrivere se non che considero Wild Thing un'enorme occasione sprecata. "L'avventura intellettuale di Mucchio Selvaggio attraverso la biografia del suo fondatore e direttore", come recita la breve sinossi sulla copertina, poteva essere qualcosa di speciale, di importante per la stampa di settore italiana, quel Mystery Train di Greil Marcus o più prosaicamente quell'Alta Fedeltà di Hornby che ancora oggi manca nel panorama dell'editoria musicale nostrana (anche se L'ultimo disco dei mohicani di Blatto ha provato a colmare la lacuna): poteva essere per Stèfani il romanzo di una vita, la conclusione di una traettoria che l'ha visto protagonista di quasi mezzo secolo di cultura pop italiana.
E invece. Invece Wild Thing dà l'impressione di essere stato allestito in fretta e furia, con il conseguente florilegio di errori di battitura, con uno stile letterario che vorrebbe essere discorsivo e che invece risulta semplicistico e poco efficace, con tanto, troppo veleno in coda, nei confronti di ex-collaboratori e responsabili della defenestrazione di Stèfani dalla conduzione del Mucchio e con affermazioni incredibilmente controproducenti in merito alla gestione allegra delle (tante) risorse finanziarie che lo stato erogava (eroga?) alla rivista, a fronte della costituzione di una cooperativa editoriale.
Certo, non nego che in alcuni passaggi, soprattutto quando l'attenzione è rivolta ai periodi pionieristici della stampa musicale e quando l'accento è posto sull'arretratezza del nostro Paese nei confronti del fenomeno rock a cavallo tra i sessanta e i settanta, tra pretese di musica gratis per tutti, scontri di piazza, processi a cantautori e molotov nei palazzetti, la suggestione che esce dalle pagine sia forte, ma, insomma, probabilmente più per la rievocazione di una stagione che per come questa stagione venga narrata.

Come dicevo, un'occasione sprecata. Peccato.

7 commenti:

  1. Mmm, già il sottotitolo mi pare intriso di giusto una punta di trombonaggine, quasi che Stèfani dicesse "Il Mucchio Selvaggio c'est moi!". E poi, proprio per la sua origine e -almeno fino a un certo punto- la sua storia, il Mucchio bisognava raccontarlo con gli altri personaggi forti che lo hanno fondato o frequentato. Un errore di valutazione in partenza. Antonio Tettamanti dovrebbe scrivere la storia del Mucchio...Antonio, dove sei? Per gli errori di battitura: considera che la maggior parte dei testi viene rivista non da professionisti dell'editing ma dagli autori stessi, errori di battitura e refusi purtroppo fioriscono con vigore...

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  2. Grazie. Stavo giusto per comprarlo. Ho cambiato idea.

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  3. @anonimo: l'impressione è che qui
    non ci sia stata ne rilettura e neanche
    riscrittura. Siamo a livelli di
    fanzine scritta da un sedicenne, per
    darti l'idea.
    Solo che in questo caso c'è da
    sborsare, al netto delle promozioni,
    50 euro.

    @Massimiliano Manocchia: ti ringrazio
    della fiducia che mi concedi, mi
    spiace che l'occasione nasca da una
    stroncatura :)

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  4. Io invece ci proverò lo stesso, nonostante della tua recensione mi fidi ciecamente. Il fatto è che col Mucchio ci sono cresciuto. Maledetta nostalgia...

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  5. Ideona! Monty vende di seconda mano il libro a Blackswan! Così ci guadagnate tutti e due. Per 50 euro mi compravo l'edizione extralusso di "Guerra e Pace" e mi avanzano i soldi per un Urania...

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  6. Immagino che il passo successivo
    sia di chiedere una percentuale
    per l'intermediazione :D

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