venerdì 28 dicembre 2012

Francesco De Gregori, Sulla strada



A differenza di Guccini, De Gregori non si è mai concesso uno stacco troppo lungo tra un disco e l'altro. Anche dopo i fasti degli anni settanta/ottanta è rimasto prolifico al punto che il decennio che si è da poco concluso (non certo l'apice della sua carriera) ha visto l'uscita di quattro lavori a suo nome. Oggi, a quattro anni da Per brevità chiamato artista esce Sulla strada, che ci consegna un Francesco ispirato e bene sul pezzo.

Il disco è aperto dalla title track, una vivace traccia rock sulla falsariga di Vai in Africa, Celestino! (da Pezzi, 2005) che in maniera semplice ma efficace viaggia sulle liriche pastello del De Gregori moderno. Immagino funzioni ancora meglio dal vivo e prevedo possa beneficiare di una buona longevità. Fa da immediato contraltare la ballata Passo d'uomo, una delle canzoni più riuscite dell'album, che ha il classico marchio di fabbrica della ballata dell'autore di Alice non lo sa e Rimmel.

Il canone dell'album è senza dubbio quello dei pezzi più rilassati e intimi, con qualche accelerazione o strizzatina d'occhio a ritmi inconsueti (come il latinoamericano dello spensierato Ragazza del '95), ma quello che mi sembra emergere con forza dalle note sprigionate dal disco è un senso di serenità, di consapevolezza, di voglia di raccontare storie in musica senza assilli, pressioni o menate. 
Così vola leggera la composizione d'amore Showtime, ma anche La guerra, con il conflitto  visto attraverso gli occhi di un soldato, o la finalmente autobiografica Guarda che non sono io.

Un De Gregori leggero insomma, che sublima l'arte della semplicità e dell'immediatezza in maniera, verrebbe da dire, disimpegnata, se il termine non si prestasse ad interpretazioni negative, mentre qui la media risulta ampiamente positiva.

7/10


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