La seconda parte
Gli Hellbilly sono da considerare un'estensione quasi naturale del corpo Damn Band. Iniziano cioè laddove alcuni pezzi inseriti nel repertorio country di Shelton, come Tore up and load, Long hauls and close calls o The rebel within finiscono, portando il concetto ancora più all'estremo. Si tratta però ancora di musica rock and roll, caciarona, festosa se mi passate il termine, nel senso che coinvolge il pubblico, non lo esclude. Ad ulteriore prova di questo assunto c'è il fatto che la musica, di ambito punk-metal, viene suonata con la stessa formazione della gig country, contrabbasso incluso. Il set Hellbilly rispetto al passato è comunque molto succinto ed include le sole Hillbilly joker; Life of sin; Tennesse driver e Hellbilly. Poca roba ma buona (qui un assaggio, se volete) ed ottimamente accolta dalla gente.
E' con l'esecuzione integrale dell'album Attention Deficit Domination che si entra invece in un'altra, oscura, dimensione. Sul palco che sprofonda nelle tenebre (se si eccettuano due minuscoli faretti montati uno sull'asta del microfono in direzione del cantante ed uno sulla batteria) restano solo Hank con la sua Gibson e il batterista. Insieme danno vita ad un supplizio fatto di riffoni lenti ed inesorabili in stile doom, sostenuti da un cantato lamentoso che si ispira chiaramente all'approccio alla melodia di uno Layne Staley... solo più sofferente. I pezzi sono monoliti pesantissimi, ipnotici e volutamente monotoni nella struttura e nel loro reiterarsi per un tempo che appare interminabile, e che sfida ogni limite di sopportazione umana (qui un assaggio, se volete). Chi non è fuggito a distanza di sicurezza è lì, attaccato alla transenna, ad accompagnare le pennate all'ingiù di Hank con lenti movimenti del capo dall'alto verso il basso (nel mio caso senza nemmeno l'ausilio di una chioma adeguata) e ritorno, sfinito da questa rindondanza di distorsioni ma determinato a volerne ancora. Circostanza inspiegabile se non (e non è il mio caso) con l'assunzione massiccia di sostanze stupefacenti. Questa parte dello show dura poco meno di un'ora, al termine del quale viene annunciata l'esecuzione di "un pò" di 3 Bar Ranch Rattle Callin', il quarto dei dischi pubblicati l'anno scorso.
A questo punto permettetemi una piccola digressione in merito al comportamento di Hank on stage. Io davvero non so se l'artista del Tennesse, citando un passaggio di The rebel within, "viva le sue canzoni" e quindi sia stonato di alcol e droghe da mattina a sera, certo è che sul palco sembra schizzato da speed o coca, non nel suo modo di interpretare il live actin' (anzi, da questo punto di vista si muove poco), ma per la frenesia con la quale passa da una veste artistica all'altra, sciogliendo i capelli, cambiando particolari degli abiti di scena o lo strumento, o per come si guarda sempre alle spalle manco fosse un ricercato in fuga a cui è impedito rilassarsi. Come se l'inquietudine l'accompagnasse costantemente.
Tornando al concerto, con l'ennesimo cambio di tiro musicale si cambia anche girone infernale, precipitando nella follia allucinante di 3 Bar Ranch Cattle Callin'. Hank viene raggiunto on stage da un secondo chitarrista che porta la formazione a tre. Ad aggiungere disorientamento visivo rispetto all'offerta musicale precedente, i musicisti indossano tutti un foulard da cowboy con dei buchi per occhi e bocca a coprire interamente il viso, uno stetson deformato (con l'eccezione del batterista che sfoggia un sinistro sombrero nero) e una sorta di copri spalle piumato, che li rende simili a degli spettrali uomini corvo. Sul fondo dello schermo vengono anche proiettate delle immagini di B-movie anni cinquanta, miste a telegiornali, documentari e cartoon d'epoca, che alimentano il clima surreale complessivo. I pezzi sono suonati dal vivo, mentre la voce (come avevo scritto nella recensione, una sorta di scat velocissimo) viene diffusa attraverso una registrazione. Dei pezzi non si riconosce il capo dalla coda. Non hanno una minima struttura, sembrano delle improvvisazioni indefinite. Iniziano e finiscono. Stop (qui un assaggio, se volete). Gli spettatori superstiti si riducono ulteriormente. Io in tutta onestà, davanti alla prospettiva dei duecento chilometri che mi aspettano per tornare a casa, a questo punto avrei anche mollato il colpo. Se non l'ho fatto è solo perchè sapevo dell'abitudine di Shelton di concedersi ai suoi fans al termine del concerto e non volevo perdermela.
E infatti, dopo una quarantina di minuti di set, Hank si spoglia degli abiti di scena, si infila un cappellino militare, e si avvicina alle transenne per incontrare i fans. Tra gente che gli parla, gli chiede un autografo, tenta di improvvisare un discorso sui grandi del country e ragazze che lo strapazzano, Williams resta lì fino all'ultima persona, fino all'ultima richiesta. E' sempre teso, quasi spiritato. Risponde meccanicamente yessir! ad ogni tipo di domanda, appare preoccupato e irrequieto. Anch'io abuso della sua disponibilità facendomi firmare biglietto, maglietta già vergata nel 2009 e chiedendogli di posare per uno scatto (in realtà due, perchè il primo, postato qui sotto con noi in posa con le dita ad indicare il doveroso numero tre, viene mosso).
Ripensando a questo suo rito consolidato, viene da pensare quanto pericoloso sia oggigiorno essere una celebrità e concedersi senza bodyguard a chiunque assista al tuo concerto. Soprattutto negli USA, dove si vendono più armi da fuoco che aspirine e dove la madre degli psicopatici è sempre incinta, concedersi questi prolungati bagni di folla equivale ad una roulette russa (per restare nel campo del rock, è ancora fresca la tragedia di Dimebag Darrell).
Un enorme regalo ai fans ma al tempo stesso un atto di incredibile incoscienza.
Un enorme regalo ai fans ma al tempo stesso un atto di incredibile incoscienza.
E (per chi ha resistito fino a qui) siamo alle conclusioni.
Tema: cosa ho imparato da due concerti di Hank III?
Svolgimento: un concerto di Hank Williams 3 non segue le dinamiche normali di tutti gli altri spettacoli rock. Vive di contraddizioni abbastanza evidenti. Non esiste la liturgia dei bis, con la band che scende dal palco e ci torna per acclamazione. Non c'è spazio per il singalong a comando. Non c'è tempo per le richieste. Lui sta sul palco tre ore e mezza continuate, suona la sua roba, mettendo in riga come piste di coca country,blugrass, southern, cajun, psychobilly, doom, sludge, hardcore e chissà cos'altro, a prescindere dalle predisposizioni o dei gusti o della composizione del pubblico. Questa strafottenza verso lo stage è però contraddetta dalla sorta di terzo tempo del concerto, quello in cui Hank si presta ad ogni tipo di richiesta dei fans, soffermandosi a stringere mani finchè anche l'ultimo seguace ha il suo feticcio del countryman da portare a casa.
Tema: cosa ho imparato da due concerti di Hank III?
Svolgimento: un concerto di Hank Williams 3 non segue le dinamiche normali di tutti gli altri spettacoli rock. Vive di contraddizioni abbastanza evidenti. Non esiste la liturgia dei bis, con la band che scende dal palco e ci torna per acclamazione. Non c'è spazio per il singalong a comando. Non c'è tempo per le richieste. Lui sta sul palco tre ore e mezza continuate, suona la sua roba, mettendo in riga come piste di coca country,blugrass, southern, cajun, psychobilly, doom, sludge, hardcore e chissà cos'altro, a prescindere dalle predisposizioni o dei gusti o della composizione del pubblico. Questa strafottenza verso lo stage è però contraddetta dalla sorta di terzo tempo del concerto, quello in cui Hank si presta ad ogni tipo di richiesta dei fans, soffermandosi a stringere mani finchè anche l'ultimo seguace ha il suo feticcio del countryman da portare a casa.
Questa è un pò la sintesi dell'artista. Colui che le major di Nashville hanno tentato di infighettare e vendere, attraverso lo sfruttamento del nome e della spaventosa somiglianza con il nonno, e che invece si è trovato la sua impervia strada per un country fuori dagli schemi, side by side con un metal sgangherato e malsano, realizzando un connubio che mai nessuno in precedenza aveva osato. I suoi fan si prendono il pacchetto completo, senza far prevalere un genere sull'altro. Anch'io, dopo il concerto di Collegno sono stato illuminato da questa verità. Sul serio, che critica volete sollevare ad uno così? Anche chi non ama i generi che propone ma ha una (in)sana passione per la musica dovrebbe vedere un suo concerto almeno una volta nella vita.
Questi ed altri pensieri affollano la mia mente in quel momento meraviglioso che è rappresentato dalla camminata che divide la fine del concerto dal raggiungimento dell'auto al parcheggio.
Stanotte nel parco della Cerosa Reale è organizzato un piccolo festival di hardcore-metal e mentre passo attraverso le tende dei campeggiatori e davanti al minuscolo stage dove qualche italico growler sta vomitando una canzone nel microfono, penso che la giornata è stata faticosa ma che mi sento lo stesso leggero e illogicamente felice, e nemmeno il rifiuto del dude del baretto a prepararmi l'ultimo caffè (aveva appena pulito la macchina degli espressi) riesce a scalfirmi.
Stanotte nel parco della Cerosa Reale è organizzato un piccolo festival di hardcore-metal e mentre passo attraverso le tende dei campeggiatori e davanti al minuscolo stage dove qualche italico growler sta vomitando una canzone nel microfono, penso che la giornata è stata faticosa ma che mi sento lo stesso leggero e illogicamente felice, e nemmeno il rifiuto del dude del baretto a prepararmi l'ultimo caffè (aveva appena pulito la macchina degli espressi) riesce a scalfirmi.
ottimo. bravo. grazie.
RispondiEliminasul serio.
thanks bro
RispondiElimina:)