lunedì 26 settembre 2011

Try again, dude!



Jeff Bridges
Omonimo, 2011 (Blue Note/EMI)





Non ho mai nascosto la mia grande ammirazione per Jeff Bridges, che considero uno degli attori più versatili, longevi e convincenti della sua generazione, oltre ad essere un tipo spontaneamente cool. Però nè questa mia fascinazione e neanche il voler puntualizzare da parte sua che l'uscita del secondo album solista (dopo l'esordio del 2000) non voleva sfruttare la fortunata scia di Crazy Heart (film del 2009 nel quale il nostro interpretava appunto un cantante country) riescono a convincermi della buona fede, in quanto a tempismo, dell'operazione discografica. Operazione condotta, ed è un secondo indizio, da T-Bone Burnette, il Rick Rubin dell'americana, produttore anche della pellicola di cui sopra. E' pur vero che Bridges da sempre si diletta con la chitarra, ma insomma...



Metto su il disco e la partenza sembra spazzare via in un attimo dubbi e perplessità, What a little bit of love can do è un pezzo stupendo, arioso e coinvolgente, nel mood ricorda le cose migliori di Tom Petty & Heartbreakers. Un inizio coi fiocchi. La vera natura dell'opera è però un'altra: quella dei pezzi lenti, acustici e introspettivi. Lo si mette a fuoco con Falling short, il primo di essi, mentre Everything but love ha di buono che fa apprezzare la voce calda e baritonale di Bridges ma poco altro. Si prosegue così, senza grandi brividi, al punto che ritrovi a pensare "dài, non è male da tenere in sottofondo mentre fai altro", frase che per me è sempre stata applicata a dischi prescindibili.



Di questo sofferto passo bastano il semplice giro di chitarra di Blue car o Maybe i missed the point, aggraziata ballata country rock alla Lucinda Williams, che di per se non sarebbero niente di trascendentale, a far alzare il sopracciglio.
Un ultimo gioiellino comunque l'album lo regala, si tratta della conclusiva The quest, semplice ma efficace ballata che spicca sulle altre, forse per merito di un ritornello di quelli che si ficcano in testa.




Sì insomma. Bridges è un grande attore e un personaggio notevole, ma questo forse non basta per fare di lui anche un cantante di livello. La personalità che lo contraddistingue sul grande schermo qui affiora poco e in misura discontinua, nonostante il grande dispendio di risorse nella produzione (oltre al già citato T-Bone compaiono in vesti di vocalist Ryan Bingham e Rosanne Cash) e nella promozione dell'album.


Senza rancore, eh Jeff?







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