Nel lungo corridoio decine di persone in attesa, avvocati e clienti che discutono animatamente mentre aspettano che il giudice li chiami. I tempi si allungano, un'ora,due di ritardo sull'orario previsto di inizio udienze. Si parla di conciliazioni, dei soldi per il mantenimento, dei figli. Facce perlopiù tirate quelle degli ex-coniugi, annoiate quelle dei legali che fingono di ascoltare mentre sbirciano l'orologio sul polso. Mariti da una parte, mogli dall'altra, sguardi che non si incrociano neanche per sbaglio. Bambini piccoli che piangono inconsolabili nei passeggini.
Ieri ho accompagnato una persona a me cara al tribunale di Milano per la sua causa di divorzio. Il ritardo di quasi due ore sull'inizio della sua udienza mi ha imposto una permanenza forzata nei locali adiacenti alle aule di giustizia del sesto piano. Nell'attesa, e durante una delle innumerevoli vasche che mi faccio, riesco perfino a scoprire il numero di cause di divorzio che si tengono ogni giorno a Milano: sono circa duecentocinquanta.
E' un'esperienza di vita che consiglio quella che mio malgrado ho fatto ieri(tanto ci si può arrivare indisturbati fino a lì, non vi chiede niente nessuno), soprattutto alle coppie che stanno per fare "il grande passo".
Vedere ex-coppie che si rinfacciano di tutto, che usano i figli come scudi umani, respirare quelle folate di rancore dovrebbe far parte di percorso formativo laico da inserire all'interno del corso prematrimoniale. - Guardateli bene -, direbbe l'insegnate,- questi potreste essere voi tra dieci anni -.
Il titolo potrebbe essere The other side of the (honey)moon.
tristezza infinita. Spero di non finirci mai in mezzo.
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