Contrariamente all'immagine da paggetto bolso che ci fissa dall'inguardabile copertina, Clapton ci consegna uno dei migliori dischi di Slowhand degli ultimi lustri. Il chitarrista inglese, tra i più sottovalutati/sopravvalutati di ogni tempo, sforna, tra vecchie cover e pezzi inediti, una manciata di canzoni calde e ispirate, perlopiù acustiche, nelle quali sembra voler ricreare quel sound confidenziale con il quale riacciuffò il grande riscontro commerciale con l'unplugged di MTV del 1992.
Lo fa chiamando attorno a se un manipolo di amici fidati, dal ritrovato Steve Winwood all'amico JJ Cale, a Wynton Marsalis a Sheryll Crow, passando per il "nuovo che avanza" Dereck Trucks.
La prima parte dell'album è probabilmente la migliore, dopo l'open track Travelin' alone, ci sono le placide Rockin chair e soprattutto l'ammaliante River runs deep (di Cale). Non sono da meno Judgement day e How deep is the ocean, dolcemente avvolgenti come spire di marshmallows.
Con Milkman si cambia registro e ci si ritrova improvvisamente proiettati negli anni trenta in un club fumoso di New Orleans. Il dixieland prende il sopravvento, pianoforte e tromba guidano le danze.
Superata la boa della metà della tracklist si perde un pò di qualità, ma si recupera degnamente sul finale, grazie a When somebody thinks you're wonderful, Run back to your side e Autumn leaves, composizione ispirata a una poesia di Jaques Prèvert.
Che siano state le tournee con i Cream e Winwood a restituire fiducia e voglia di suonare ad Eric Clapton non è dato sapere, accontentiamoci di avere tra le mani un disco che fa ben sperare per l'ultima (per ragioni anagrafiche) parte della carriera del più noto bluesman inglese. Pur mettendo in conto alti e bassi di una vita con la Fender a tracolla , a quasi mezzo secolo dall' esordio negli Yardbirds un lavoro così è un traguardo di tutto rispetto.
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