martedì 23 novembre 2010

Forti coi deboli / 2

L'elemento che ha avuto più visibilità nel pacchetto di provvedimenti del collegato lavoro è senza dubbio l'introduzione del limite di sessanta giorni per impugnare i contratti a termine e in genere di tutti i contratti precari illegittimi.

Cosa succedeva prima del DDL 1441?
Il lavoratore aveva la possibilità di contestare un contratto irregolare anche molti mesi dopo la sua conclusione, nel momento in cui aveva la certezza di non essere più chiamato per un ulteriore periodo di impiego.

Oggi, grazie a questa legge, è stato introdotto un limite di tempo di sessanta giorni, trascorso il quale il lavoratore perde ogni diritto di impugnare il contratto, anche se irregolare.
Perchè è gravissima questa nuova norma?
Perchè tra un contratto stagionale e l'altro passano spesso più di due mesi, e al lavoratore, all'atto della scadenza, viene di frequente promessa una futura assunzione o almeno la stipula di un nuovo contratto di lavoro a tempo determinato.

Questo impegno informale dei datori di lavoro condiziona pesantemente le scelte dei precari. E' ovvio che rischiare una causa contro un'azienda significa compromettere ogni potenziale rapporto futuro, e con esso ogni possibilità di essere stabilizzato regolarmente, senza cioè conflitti legali.
Prima questa strada veniva infatti scelta solo nel momento in cui vi era la certezza assoluta di non essere più richiamati, l'esempio più classico è il datore di lavoro che ti lascia a casa con l'approssimarsi del tetto dei trentasei mesi di utilizzo, superato il quale diviene obbligatoria l'assunzione.

Beffa nella beffa, il termine di sessanta giorni vale anche, dal 25 novembre, giorno della sua entrata in vigore, anche per i rapporti di lavoro a tempo determinato conclusasi in precedenza.

Bel traguardo per un esecutivo che si era presentato, subito dopo il suo insediamento, con il noto colpo di spugna contro le cause dei precari delle Poste.

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