E' anche per merito di questo disco se la mia personale operazione-sdoganamento dei Cure è andata a buon fine. Pietra angolare della produzione della band, Wish ha idealmente chiuso la seconda parte della loro carriera ( a seguito del tour di supporto all'album sono infatti fuoriusciti dalla formazione inglese i membri storici Thompson e Williams,rispettivamente batteria e chitarra) e, più di qualunque altra produzione di Robert Smith e pards, è riuscito magicamente a conciliare tutte le sensibilità stilistiche espresse in precedenza.
Che sono, ragionando per macroaree, quella dark, marchio di fabbrica consolidato di lavori come The head on the door, Disintegration, Pornography e quella più pop e radiofonica che aveva raggiunto il suo acme in Japanese whisper.
Questa armonia ci consente di passare dall'allegro motivetto Friday i'm in love alle struggenti malinconie di Trust. Dalla vivacità di Open, High e Doin' the unstuck alla lunga From the edge of the deep green sea, dall'introspezione di A letter to Elise, via via fino alle astrazioni di To wish impossible things.
L'elemento che conferisce a Wish, rispetto ad altri lavori, la certificazione di eccellenza è che la band si esprime al meglio del suo potenziale su entrambi i canoni, senza riempitivi o sbavature.
Probabilmente i fans storici prediligono titoli più ostici ai comuni mortali, per tutti gli altri invece è sempre un bell'ascoltare.
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