Dunque, l'aneddoto che gira intorno a questo disco di cover è proprio carino. La dodicenne Rosanne Cash decide di intraprendere la carriera musicale. Papà John la asseconda. "Prima però", le dice, "devi conoscere le canzoni del panorama country/folk più importanti di sempre ". E stila una lista di cento brani, dalla quale lei, nel 2009 (più di quarant'anni dopo), ne estrae dodici che finiscono su The List (appunto).
Come da stile consolidato della cantautrice, la raccolta si muove principalmente tra atmosfere acustiche folk e country. Nel disco troviamo la presenza di ospiti di prestigio, che offrono una presenza discreta, non invasiva, limitandosi quasi sempre al controcanto.
Miss the Mississippi and you è l'open track. Il pezzo, portato per la prima volta alla notorietà da Doc Watson, è molto suggestivo e fa opportunamente intendere quale sarà l'atmosfera dell'intero album. A seguire Motherless children, traditional ripreso dalla Carter Family, che molti di noi ricordano sicuramente per la versione electric blues che Clapton fece su 461 Ocean Boulevard.
Bruce Springsteen è il primo guest della scaletta. Si misura con una malinconica Sea of heartbreak, pezzo dei fifties composto e portato al successo da Don Gibson. Sentire il boss così ispirato su questi canoni musicali rafforza la mia convinzione che sia questo il genere di musica che Bruce dovrebbe ormai perseguire, invertendo la rotta più recente, fatta di dischi fotocopia in cui si autocoverizza continuamente. Ma questo è un altro discorso, per tornare a The list, la traccia numero nove, la suadente She's got you, è un'altra storia sull'abbandono, e riprende una hit di Patsy Cline.
Ci sono anche Elvis Costello in Heartaches by number, un classicissimo honky tonk; Rufus Wainwright in Silver Wings, struggente pezzo di Merle Haggard e Jeff Tweedy, che insieme a Rosanne riesce ancora ad emozionare l'ascoltatore nell'ennesima versione di The long black veil, che adoro, ma che è una delle canzoni più coverizzata di sempre nella storia della musica.
Chiude l'opera un altro pezzo della Carter Family, Bury me under the weeping willow, anche questo patrimonio della cultura folk USA e di chiunque apprezzi la musica rurale americana.
The list è in definitiva un disco piacevole, anche se sicuramente un pò prevedibile, nel suo collocarsi in un contesto ormai caratterizzato di female country (di cui ad ogni modo la figlia del man in black è capostipite). La selezione delle tracce è comunque vincente, le loro interpretazioni calde e appassionate, la produzione discreta ma opportuna. Tutti elementi che portano ad un risultato che alla fine convince appieno. Si sente che la Cash è a suo agio e il cd fila via proprio bene, prestandosi ad ulteriori ascolti.
Un doveroso recupero dell'anno appena terminato.
P.S. Alla lista dei cento di papà Cash ne mancano ancora un bel pò (88 per la precisione) qualcuno nutre dei dubbi sul fatto che ci sarà un The List vol II?
il cattivo gusto di lei che in copertina guarda verso l'alto, è qualcosa di inarrivabile eh
RispondiElimina: )
Mau
vabè dài, lo fanno anche i calciatori...
RispondiElimina:-D