La stagione sindacale italiana è una situazione di stallo. Dopo l'accordo separato sulla riforma della contrattazione, firmato da CILS UIL e UGL senza il più importante sindacato italiano, c'è grande confusione sul fronte rinnovi. Per un contratto firmato unitariamente senza applicare le nuove regole, quello degli alimentaristi, un altro, quello dei metalmeccanici, sta virando decisamente verso la direzione opposta. UIL e sopratutto CISL spingono più in avanti la lacerazione con la CGIL, per la prima applicazione importante delle nuove regole contrattuali testè condivise con il governo.
Negli infiniti dibattiti che si stanno susseguendo nell'organizzazione di Epifani (continuare così o fare un passo indietro? uscire dalla linea FIOM o restarci?), è interessante vedere con quanta sufficienza si stanno valutando le forme di auto-organizzazione dei lavoratori più in difficoltà. Si stigmatizza, si ironizza su quanti salgono sui tetti delle proprie aziende per protestare contro chiusure o licenziamenti di massa. "Prima o poi i media si stuferanno" dice qualcuno. "Ormai l'effetto è esaurito" gli fa eco qualcun'altro. Già. Ma perchè sta gente si arrampica sulle gru e ci resta per giorni, settimane, mesi invece di affidarsi alle consuete strategie dei professionisti del sindacato non se lo chiede nessuno. Lo snobismo non va bene con la disperazione di quanti credono nel lavoro, nei calli, nell'odore delle macchine utensili che impregna i saloni, nel caffè rancido delle macchinette.
Domani, dopo quindici mesi di lotte, la maggior parte dei quali lontani da qualunque esposizione mediatica di massa, i lavoratori della INNSE firmeranno i nuovi contratti di lavoro con un nuovo gruppo dirigente (Camozzi). Dovremmo avere tutti ben chiaro che se non fosse stato per questi quarantanove folli (e per centinaia di cittadini che li hanno sostenuti concretamente) i vecchi proprietari, moderni padroni della ferriera , avrebbero tranquillamente chiuso e smantellato già un anno fa, e buonanotte ai suonatori.
Cosa voglio dire, che l'unico modo di tutelare i posti di lavoro è emulare quelli dell'INNSE? No, certo. La vittoria dei quarantanove lavoratori di via Rubattino a Milano resta purtroppo un eccezione, in un panorama in cui sono stati emulati senza lo stesso riscontro dai lavoratori della Cim di Roma; della Lasme di Melfi; dell'Ideal Standard di Brescia; la Novico di Ascoli; la Adelchi di Tricase; dagli insegnanti sui tetti dei provveditorati, dagli addetti del municipio a Lecce (fonte l'Unità).
Alcune di queste lotte sono ancora in corso di svolgimento, altre si sono concluse se va bene con un trafiletto in cronaca locale e un aumento dell'incentivo legato al licenziamento.
Ma non è questo il punto. Il punto è che il sindacato, al pari della politica, si sta allontanando dalla gente. Troppi impeccabili funzionari e pochi appassionati che si consumano le scarpe a parlare con la gente, che si espongono, che ci sono quando serve. Non fosse per i servizi offerti (fiscale, pensioni, etc) e per il sostegno dei pensionati avremmo poco più di cinque milioni di lavoratori attivi iscritti ai sindacati confederali storici. Cinque milioni. E' questo il punto. Le nuove forme di lavoro, in parte condivise dalle Organizzazioni Sindacali tutte, in parte solo dai soliti CISL-UIL, rendono quasi impossibile tutelare diritti e garanzie di milioni di giovani, che sono letteralmente alla mercè di chi (agenzia o impresa) gli offre un contratto.
Come si esce da questa empasse? CISL e UIL spingono per una riforma sindacale che in sostanza porterebbe le union a non avere bisogno del sostegno diretto dei lavoratori, a diventare una sorta di sportello istituzionale tipo direzione provinciale del lavoro, ovviamente con fondi statali.
La CGIL no. Persegue, giustamente, la sua storia fatta di tutele a tutti i lavoratori, non solo degli iscritti, come come previsto dal suo statuto (a differenza di CISL e UIL appunto, che rispondono ai soli associati), ma anche il sindacato che fu di DiVittorio ha bisogno di un tagliando, di una messa a punto, di un reset. Il congresso è alle porte (inizio 2010), non si sa ancora se ci sarà una tesi unica (soluzione questa auspicata dal segretario) o più di una (maggioranza-minoranza/e), e questa sembra la maggiore preoccupazione dell'attuale fase organizzativa.
La Francia, che sulla perentorietà delle lotte dei lavoratori sembra sempre insegnarci qualcosa, oltre alle ultime iniziative di "sequestro" dei manager aziendali responsabili di ridimensionamenti delle aziende, si segnala purtoppo anche per la spietatezza dei suoi top manager. Quelli di France Telecom, Didier Lombard su tutti, hanno messo in atto una politica di vessazione e di attacco ai diritti, alle certezze acquisite, alle libertà individuali dei lavoratori, tali da provocare in soli sette mesi, 24 casi di suicidio, legati direttamente allo stress a all'angoscia del lavoro.
Uno sviluppo incredibile e senza precedenti per le tradizioni europee. Non so se resterà un caso isolato o se avrà un seguito anche fuori dai confini francesi, di certo rappresenta un nuovo, drammatico, livello di scontro sul quale riflettere, quando si parla di costruire un nuovo sindacato.
W.U.T.I. OF: Regina Spektor, Begin to hope
Ho lavorato in un'azienda estremamente sindacalizzata e il problema erano i sindacati, ma anche tanti lavoratori, sempre printi a CHIEDERE (soprattutto alla Cgil) ma mai disposti a un'ora di sciopero, perchè "tanto non serve a niente"...E ovviamente perchè intaccava il loro portafoglio...
RispondiEliminaC'è un problema di sindacati, ma se i lavoratori sono i primi a non crederci, le cose non possono migliorare.
ziocan, sempre forza cgil
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