Mi è quasi preso un colpo quando ho scoperto, molti anni dopo la release di questo disco, che i Fleetwood Mac nascono come blues band, agli ordini di Peter Green, John McVie e Mick Fleetwood, fuoriusciti dai seminali Bluesbreakers di John Mayall.
Il tempo di togliere il celofan dall'ellepì e calare la puntina sul vinile e la band si gioca subito l'asso. Non so se tatticamente è sia una buona mossa piazzare la canzone capolavoro nei primi quattro minuti dell'album, ma poco conta. Big love vince per distacco sul resto delle (pur ottime) composizioni.E' l'unico brano di tutto l'ellepì cantato per intero da Lindsey Buckingham, raggiunto solo nel finale dal controcanto della Nicks. Se esiste una canzone che somiglia ad un'armonioso atto d'amore, credo sia questa. Con classe, si capisce. Ma terribilmente eccitante. Segnalo l'esistenza di una versione acustica dal vivo di questo brano che supera quella in studio, grazie ad una sublime ed interminabile introduzione di chitarra classica. è contenuto in The dance, live dei FM del 1997 .
Con le successive Seven Wonders ed Everywhere la Nicks si riprende il posto da lead singer e sospira nel microfono le sue melodie accattivanti e leggiadre. Dietro a queste semplici e perfette composizioni pop c'è il lavoro mai banale di Buckingham alla chitarra e di McVie al basso, senza dimenticare le tastiere di Mick Fleetwood.
La dolcissima Mistify, nenia rassicurante, riporta la nave in porto, in acque tranquille. Little Lies è il singolo di maggior successo dell'album, per cui non sto a spenderci sopra molte parole. Credo la conosciate tutti. Sarà anche troppo furbetta, ma io la trovo ancora accattivante, oltre ad essere il pezzo che maggiormente mi smuove i ricordi di quell'ultima porzione di anno.
Altro pezzo, altro singolo, altro cambiamento di stile: Family man è cantato ancora dalla voce femminile della band, con un controcanto maschile "alla Barry White".
Welcome to the room, Sara ha un suono che trovo molto west coast rock, da un momento all'altro ti aspetti che a cantarlo spunti Nicolette Larson, e non la Nicks. Invece.
Il trittico che porta il lavoro alla sua conclusione è aperto dai power chords di Isn't midnight, dalla straziante ballata acustica When i see you again e si conclude dallo spiazzante ritmo tropicale di You and i, part II.
Le discografie ragionate tendono ad orientarsi più su Rumors o Then play on, come titoli selezionati del gruppo, e io non ho certo l'autorità per confutare questa scelta. Tango in the night è probabilmente quel tot di commerciale di troppo, per la stampa specializzata e magari anche per i fans della band. Però è proprio quel tot che consente agli artisti di fare il botto, allargare il proprio pubblico, riuscendo a conciliare la propria storia, la mission aziendale e il brand personale con i dischi di platino come se piovesse.
Quando si creano queste condizioni per me, che aborro gli integralisti e/o i puristi ad ogni costo di una cosa popolare come la musica popolare, si creano le condizioni, se non di un capolavoro, di un disco che resiste al tempo. E miglior definizione conclusiva di Tango in the night non mi viene.
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