giovedì 30 ottobre 2008

The rat pack


Diciamo la verità. Ci dà enormemente fastidio ricevere suggerimenti sui libri da parte di quell’orda di lettrici e lettori della domenica. Quelli che divorano esclusivamente best sellers, comprati dopo aver rigorosamente consultato la top ten di vendita dei supermercati, dei megastore o delle grandi catene di vendita.

Spesso ci prendiamo, per la puttana, chi ha davvero bisogno di leggere l’ennesimo libro della Kinsella, di Wilbur Smith, di Grisham o di Manfredi?
Altre volte invece questo atteggiamento rischia di farci perdere delle letture interessanti e originali.
E’ il caso di Firmino, di Sam Savage (debuttante alla soglia dei settant’anni)che rientra a mio avviso nella seconda casistica. E’ un caso editoriale perché, pubblicato quasi anonimamente per un editore no profit e in pochissime copie, grazie al passaparola, seguito ovviamente da una massiccia strategia commerciale delle varie case editrici (in Italia Einaudi) che hanno nasato l'affare, ha trovato un vastissimo pubblico che ha amato il racconto.

La storia, nonostante veda protagonista un topo, e questo faccia immaginare una serie di situazioni divertenti, sulla falsariga dei vari sorci da cartoon come Jerry , Micky Mouse, Speedy Gonzales & co., che ci hanno allietato (?) l’infanzia, è invece perlopiù malinconica e nostalgica. Potrebbe essere una metafora di una persone che ha passato la vita ad osservare l’esistenza degli altri, senza mai trovare il coraggio di cambiare la propria, coltivando in solitudine sogni ed aspettative attraverso la lettura incessante dei capolavori letterari di ogni tempo .

Ma potrebbe anche solo essere quello che è: la storia di un ratto che diversamente dai suoi fratelli, rifuta un'esistenza già scritta, resta dove è nato, cioè in un grande negozio di libri, impara a leggere e cerca di elevare la sua condizione, sapendo che si tratta di un’impresa disperata.

Il libro di Sam Savage, al netto delle accuse di plagio per presunte analogie con un libro italiano del 2000 ( La bibliotecaria di Claudio Ciccarone), è una lettura particolare, non popolare nel senso più commerciale del termine, a tratti infatti la narrazione appare addirittura accademica, andando a trattare in alcuni casi libri sconosciuti mai tradotti in italia.

Firmino è anche struggente nostalgia del passato, dell’innocenza perduta, dei luoghi idealizzati della giovinezza, letteralmente spazzati via dall’avanzata inarrestabile del progresso.

Una lettura non imprescindibile ma dotata di un certo stile e fascino.

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