lunedì 1 settembre 2008

Fast food nation


Tipico esempio di film dal quale ti aspetti molto, forse troppo, e che alla fine ti lascia con l'amaro in bocca.

Tratto dall'omonimo libro di Richard Schlosser, Fast food nation narra di un'ipotetica multinazionale di fast food (Mickey's) che invia un proprio dirigente presso una società di macellazione di bovini e suini e confezionamento della carne, in quanto da una partita di hamburger proveniente da lì sono state riscontrate tracce di feci nella carne che è finita sui tavoli di plastica dei ristoranti.

Le vicende del dirigente della Mickey's (Greg Kinnear) si intrecciano con quelle della ragazzina che lavora al negozio di fast food per pagarsi le spese del college e con quelle di un gruppo di immigrati clandestini che lavorano presso la fabbrica.

Come spesso accade in film di denuncia che impattano potenzialmente sulle potentissime multinazionali, il film parte con un buon piglio, promettendo molto, ma poi diventa prevedibile, un pò si affloscia, indebolendo la parte più coraggiosa, quella di denuncia al sistema d'alimentazione preferito dagli americani.

Significativo da questo punto di vista il cameo di Bruce Willis, faccendiere e mediatore senza scrupoli, che tratta con la fabbrica alimentare il miglior prezzo della carne per la Mickey's. Willis, risponde a Kinnear, sconvolto per le condizioni igieniche e di lavoro della fabbrica, in modo disincantato, sostenendo che tutti sanno delle impurità della carne, e che comunque la piastra di cottura dei ristoranti è tarata ad una temperatura congeniale a rendere inoffensive le impurità. Ai miei occhi è suonata come una ciambella di salvataggio per McDonald e soci, un modo per dire ai consumatori, non preoccupatevi è tutto sotto controllo, non vi stiamo avvelenando.

Rimane il ruolo dei giovani studenti contestatori, e della ragazzina che per ragioni pro ambientali rinuncia al lavoro da Mickey's e con gli altri tenta, senza successo, di far fuggire le vacche dal recinto nel quale sono tenute una adosso all'altra. In questo senso ho trovato quasi irritante il cameo di Ethan Hawke, farcito di una retorica sulle scelte da fare in gioventù e sulla anticonformismo del tutto prevedibile e controproducente.

Poniamo che uno degli scopi del film fosse quello di far prendere coscienza i consumatori dello schifo globale che c'è dietro i giganti del fast food, e magari di fargli cambiare abitudini alimentari, quanti tra quelli che, anche occasionalmente, si recano da McDonald o da Burger King, smetteranno di farlo dopo aver visto questo film? La mia impressione è che non saranno in molti, purtroppo.

Voto 6 di stima.

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