domenica 30 settembre 2007

Deep crimson


Un altro disco che avrei potuto comprare solo per la bellissima copertina. E sarebbe stato un peccato, perchè, da non appassionato di Knopfler e soci, trovo questo disco davvero intimo e piacevole. La traccia d'apertura (True love will never fade) sembra un tipico lento di Springsteen anni novanta.

Un buon album.

martedì 25 settembre 2007

In prigione in prigione 2

È una notizia piccolina, insignificante, che arranca nelle cronache locali, poche righe messe lì quasi per dovere.

Due donne di nazionalità marocchina rubano al supermercato prodotti per cura della persona (shampoo e bagnoschiuma di pregio), per una sessantina di euro di valore. Entrambe mamme, nascondono i flaconi nel passeggino dei bimbi e sotto le creature stesse.
Vengono viste, fermate, processate con rito abbreviato e condannate a due anni di carcere.

Carcere vero, non arresti domiciliari, senza attenuanti.
E pensate che, con il rito abbreviato hanno ottenuto uno sconto di un terzo della pena, altrimenti per un taccheggio (lo posso dire che tutti, da ragazzi lo abbiamo fatto almeno una volta?) si beccavano più di qualche omicida, pirati della strada, pedofili, amministratori corrotti, e compagnia cantante.

Il tormentone sulla certezza della pena deve avere sfrucugliato talmente la mente di questo giudice che, adducendo “la condizione di grave prostrazione degli esercenti commerciali…quotidianamente esposti a furti e saccheggi”, si deve essere persuaso che elevare una condanna di un paio d’anni di galera a due ree confesse di furto al supermercato, madri tra l’altro di bambini piccoli, avrebbe rasserenato gli animi degli esercenti. Dopotutto la legalità è una roba seria. O no?

lunedì 24 settembre 2007

Un giorno tutto questo sarà tuo

Al posto di Rasputin, il glorioso negozio di dischi in piazza cinque giornate, ci stanno costruendo Benetton (un altro pezzo di Benetton, visto che il marchio è già presente con un negozio a dieci metri).
Noto che, sistematicamente, ogni negozio di dischi che chiude, viene sostituito da un negozio di abbigliamento.
Vorrà dire qualcosa anche questo.
Credo che avanti di questo passo, quando Stefano avrà l'età per la musica del diavolo, non ci sarà più un negozio di dischi dove potrà passare i pomeriggi.
E suo padre sarà in parte responsabile di questo scempio.

Piccoli (italiani) Ellroy crescono

Ci credete al fato?
Su Quei Bravi Ragazzi (http://queibraviragazziovveroeradei.forumcommunity.net/?t=3537502&st=0), Mauro consigliava la lettura di un libro, Nel nome di Ishmael, scritto da un Giuseppe Genna, classe 1969. Lo legge anche Filippo e lo trova buono. Mi metto a cercarlo. Non si trova agevolmente. Alla fine spunta fuori alla Feltrinelli di C.so Buenos Aires a Milano.
Ora, né Filo né mr Allyouneedislove avevano fatto minimamente cenno alla trama, io non sapevo nemmeno se fosse un saggio, un romanzo, o altro.
L’ho preso per fiducia nei ragazzi e perché mi andava di leggere qualcosa e cercavo un buon consiglio.

In questo modo, del tutto inconsapevolmente, io, appassionato lettore di James Ellroy, mi sono trovato tra le mani un lavoro che, seppur con stile e personalità, si può definire il libro italiano più ellroyano di sempre.

Non solo; Genna piazza lì a citazione altri suoi punti cardinali,tra gli altri gente come DeLillo e Cain, e la mia sacra trinità è riunita. La storia si svolge a Milano, ma in due istanti temporali diversi, il 1962 e il 2001. I protagonisti potrebbero tranquillamente uscire dalle pagine della tetralogia di LA, tanto sono intrisi di realismo ellroyano.
Sono solo all’inizio dell’appassionante lettura, perciò questa non è una vera e propria recensione, ma la sorpresa e lo stupore sono stati tali, che volevo rendervi partecipi.

Giuseppe Genna è nato il 12/12/69, il giorno, l'ora e il minuto dell'esplosione della bomba a Piazza Fontana. Giuseppe, il primo nome, e Carlo, il secondo, gli sono stati assegnati in onore di Stalin e Marx. Ha trascorso l'adolescenza in una sezione di zona del Pci, e la prima giovinezza in compagnia della destra radicale.

E’ stato redattore della rivista Poesia e ha lavorato a Montecitorio studiando gli atti della commissione P2.

venerdì 21 settembre 2007

La musica che (mi) gira intorno


La mia playlist di questo periodo.


Album

STEVE EARLE - Washington square serenade
GIORGIO GABER - Il teatro canzone
LEVEL 42 - World machine
MANU CHAO - La radiolina
PATTI SCIALFA - Play as it lays
ANDERS OSBORNE - Ash wednesday blues
PRIMUS - They can't all be zingers



Singles

M.I.A. - Boyz
SAXON - Need for speed
ENGELBERT HUMPERDINCK - A man without love
SQUALLOR - Jammucenne
LIARS - Plastic casts of everything
PRINCE - Guitar
ESTERE - Il pretesto
MANOWAR - Kings of metal
RASCAL FLATTS - What hurts the most
FAIRPORT CONVENTION - Dirty linen
HAPPY MONDAYS - Deviants

mercoledì 19 settembre 2007

Don't judge an album by the music...


Avete mai comprato un disco SOLO per la copertina? Io sì, questo.

Grillo 2. Passo e chiudo.

Una breve premessa. Ho scritto questo post tra domenica e lunedì. Dopo aver visto Ballarò di ieri sera (martedì) mi è venuto lo stimolo di cancellare il passaggio su Maroni, ma ho considerato che mi serve per spiegare il mio punto di vista, e poi di sti tempi non butto via niente...


C’ero anch’io, nonostante le mie indecorose condizioni fisiche, sabato al palasharp di milano per assistere allo spettacolo-comizio di Beppe Grillo.

Devo dire che vederlo dal vivo non ha modificato di molto la mia opinione sulla campagna promossa dal comico genovese, su alcuni argomenti mi sono ulteriormente allontanato dal suo pensiero, su altri ho condiviso le sue opinioni.

Ha iniziato schernendosi, il Grillo nazionale, “io non sono il vostro messia” “non sono il leader di nessuno” e via discorrendo, per poi lanciarsi, per un ora e quarantacinque nel suo monologo, recitato sempre in mezzo alle sedie degli spettatori e carico di fisicità.


Grillo rovescia addosso agli spettatori chilometri di parole, dati, idee, fatti, proposte, denunce, che a un certo punto ti verrebbe da alzarti e fermarlo: "aspetta un attimo, fermati, sta cosa me la spieghi per bene invece di limitarti al titolo?". Niente da fare, lui va. Un fiume di parole ingrossato dalle piogge torrenziali di polemiche dei giorni tra il V-Day e lo spettacolo di Milano.

Alcuni temi erano noti, già sentiti o vecchi cavalli di battaglia, altri inediti. L’informazione italiana è poca, arretrata e in malafede. Tutte le testate giornalistiche sono compromesse. Solo la rete è davvero democratica e partecipativa. Nessuno ha dato spazio alle iniziative a lui associate (i grillini, i meet-up eccetera), i media non informano il pubblico sulla portata dell’evento V-day e sulle iniziative ad esso correlate nonostante la portata rivoluzionaria dell’evento.

Sarà anche vero, certo è che in più di un’occasione ho sentito baroni della TV affermare di aver invitato Grillo per un dibattito o un talk show, e sentirsi negare la disponibilità apartecipare.

Tra l’altro la stessa cosa pare sia successa per radio popolare. Grillo aveva dato la sua disponibilità a partecipare alla trasmissione “microfono aperto” (storico momento di discussione con gli ascoltatori, trasmesso in rigorosa diretta) salvo poi non rendersi disponibile al momento di andare in onda.

Il problema informazione in Italia (ma non solo) è innegabile, mentre il rapporto Grillo-media mi sembra più complesso di come lo fa apparire lui.

I politici vanno in televisione sempre senza contraddittorio, vero anche questo, ormai i conduttori fanno a gara su chi mette più a suo agio l’onorevole di turno, ma non è che sabato al palasharp ho assistito a tutto sto confronto aperto alle
opinioni differenti da quelle del comico genovese…

Certo, afferma Grillo, sul blog ognuno può ribattere e dire la sua, ma Internet in Italia ha una diffusione dichiarata del 15%, e soprattutto penalizza diverse fasce d’età, sicchè è una tribuna libera, ma limitata.

Durante lo spettacolo è stata mandata sui megaschermi la lista dei politici condannati per diversi reati, civili o penali. Su 25 nomi, 22 erano del centrodestra (quasi tutti FI), uno della rosa nel pugno, uno del PDCI e uno dei diesse. Grillo non ha ritenuto di sottolineare la cosa. I politici sono tutti uguali anche di fronte ai numeri che indicano una situazione diversa.

Sull’argomento dell’ineleggibilità per chi ha commesso reati vedere l’esibizione di Grillo mi ha fatto addirittura vacillare dalla convinzione che fosse una battaglia giusta così come è stata impostata.

Cerco di spiegarmi. Prendiamo il caso di Maroni. Non serve che io dica quanto sia agli antipodi culturalmente, politicamente e geograficamente dalle idee dell’onorevole leghista e dalla sua cricca, però, nel merito della discussione, mi sembra corretto dire che Maroni risulta condannato per “resistenza a pubblico ufficiale”. L’episodio incriminato credo ve lo ricordiate, la Polizia fa teatralmente irruzione nella sede della Lega per sequestrare documenti, e gli esponenti leghisti, ancora più teatralmente, fanno una blanda resistenza a favor di telecamere. Spintoni, ressa, lievi escoriazioni (per i politici). Segue denuncia e condanna.

Adesso lasciamo perdere Maroni, che lè un pirla e consideriamo il merito del problema. Se un attivista di partito, o facciamo così: se Grillo si vede arrivare in casa la Polizia che pretende di sequestrargli materiale cartaceo o l’hard disc del pc, per ordine di un magistrato,e si oppone magari anche solo verbalmente all’azione (lo sapete no, che basta poco per far reagire, in quel contesto, le forze dell’ordine?), viene denunciato e condannato, è giusto che non possa più,nella sua vita, candidarsi a cariche pubbliche?
Secondo me, no.
Il discorso è complesso, ed andrebbe sviscerato, anche perché per un reato così “border line” ce ne sono dozzine, soprattutto fiscali, compiuti in palese e voluta elusione della legge.
Allora forse è il caso di approfondire e bilanciare meglio questioni che, seppur nate su motivazioni giuste, possono diventare strumenti di “repressione” nelle mani sbagliate.

Chiudo con una considerazione sulle polemiche di questi giorni riguardo le liste civiche “sponsorizzate Grillo”(sarà contento Beppe, non c’è giornale, TG o approfondimento che non parli di lui in questi giorni).
Il popolo dei grillini a quanto pare si sta dividendo, perché non vuole “sporcarsi le mani” con la politica, io invece ritengo che questa sia l’unica strada che il comico ha per dare continuità alla sua azione. E vedere se ha le gambe per andare oltre la denuncia fine a se stessa. E’ una scelta che approvo, che va nella direzione del confronto, della mediazione e del dibattito. Le liste civiche di Grillo potrebbero trovarsi a vincere le elezioni, chessò a Pontedera, dovendo poi amministrare con forze politiche tradizionali, magari culturalmente agli antipodi rispetto ai ragazzi volenterosi del comico genovese, e questo potrebbe essere, nella migliore delle ipotesi un momento di crescita politica per entrambe le forze in campo.

Ma solo nella migliore delle ipotesi.





martedì 18 settembre 2007

Civil war: conclusione




La battaglia finale. Le forza sono schierate e si fronteggiano. Gli ultimi colpi di scena. I rinforzi dell’ultimo momento. Amici contro. Criminali ed eroi che si scambiano i ruoli. Inizia lo scontro.

La fazione condotta da Capitan America sta per avere la meglio, la maestria e l’esperienza del super soldato americano stanno facendo pendere la bilancia dalla parte dei dissidenti. Non basta ai governativi aver raschiato il fondo del barile con il clone di Thor (al quale, in una splendida splash page Ercole,appropriatosi del martello, sfonda la testa bionica) e il reclutamento dei peggiori supercriminali della storia Marvel. Cap, l’uomo ragno e gli altri gli stanno dando una lezione epocale.

Lo scontro si svolge nel pieno di Manhattan, tra il traffico impazzito, i grattacieli e centinaia di civili. Capitan America riesce a disattivare l’armatura di Iron Man e comincia a suonarlo come una cornamusa a Natale, gliela apre in due, quella cazzo di armatura, e continua a randellarlo colpendolo con lo scudo. Finchè non viene bloccato da un manipolo di cittadini che si frappongono tra lui e quella che ormai è la carcassa di uno dei personaggi Marvel più antipatici (Tony Stark, alias Iron Man) interrompendo il suo furore di guerra e obbligando il capitano a vedere la devastazione che la battaglia ha provocato nella città.

Fine della storia, Capitan America va in loop da “che cosa stiamo facendo…” si toglie la maschera, unisce i polsi per farsi ammanettare, non prima però di aver ordinato alla truppa di deporre le armi e arrendersi alle autorità.

Nelle ultime pagine viene poi spiegato che alla fazione ribelle che si è arresa viene concessa la grazia, mentre Cap va in galera (ed è l’inizio del tragico percorso che lo porterà ad essere ucciso) e un ristretto numero di ribelli, nobilitati dalla prestigiosa presenza dell’uomo ragno, resta in clandestinità.

E’ la vittoria personale di Tony Stark/Iron Man, miliardario in armatura, al quale viene assegnata la carica di direttore della Cia Marvel (lo Shield), e per il momento tutta la parte “politica” viene accantonata.

Lo scontro di super eroi più verosimile mai visto, partorito da una legge,l’atto di registrazione, che ha spaccato in due la comunità in calzamaglia, termina nel modo più inverosimile e “conservatore” possibile. Ciò comunque riesce a non togliere valore all’opera ma ne costituisce indubbiamente un profondo limite.
“L’atto di registrazione” è un provvedimento che obbliga i super esseri a registrarsi e a lavorare per il governo, rivelando la loro identità nei casi in cui essa è segreta, e che usa le maniere forti per i disubbidienti, reclusi in una dimensione spazio-temporale inaccessibile, bloccati spesso in condizioni disumane (per contenerne i poteri) , senza assistenza legale e senza contatti con il mondo.
Quello che è sembrato chiaro anche al più distratto lettore è la forte denuncia sociale nei confronti dell’amministrazione americana, per le leggi adottate dopo l’undici nove, e le indegne condizioni di detenzione dei prigionieri talebani presso le base USA di Guantanamo, Cuba.

Questa analisi però col tempo si è rivelata superficiale, in quanto i protagonisti di entrambi gli schieramenti, seppur con differenti peculiarità, sono dei buoni a tutto tondo. Lo dimostra la loro storia personale. Difficile pertanto addurre la malafede o il ritorno personale alla base della loro scelta di campo. No, i lettori devono accettare che una scelta così lacerante delle libertà individuali è stata appoggiata per il bene del paese. E qui sta il problema, perché se c’è un collegamento “di comodo” nello scorgere una pesante critica alla gestione USA della crisi terrorismo, dobbiamo purtroppo delinearne una altrettanto indigesta, almeno per me,di “giustificazione” alle scelte dell’establishment americano.

Civil war è, in ultima analisi,sicuramente un ottimo prodotto, da ogni punto di vista lo si guardi: storia, dialoghi, disegni, che ha il limite però di essere inequivocabilmente un prodotto “americano” , mainstream e confezionato da un colosso dell’industria dell’intrattenimento.
Si poteva (si doveva?) viste le premesse, osare di più e più a fondo.

Questi sette mesi di ritorno all’universo Marvel mi hanno comunque divertito. La casa si è riempita di albi colorati come era consuetudine anni fa, e mi ha fatto piacere leggere i cambiamenti intervenuti tra i personaggi storici della casa fondata da Lee.
Più autoironia (gli eroi si prendono persino in giro per le loro divise attillate), più realismo nei dialoghi (non si risparmiano le parolacce), doppi sensi a sfondo sessuale, più violenza esplicita. I comics Marvel sono stati traghettati a dovere nel 21° secolo riuscendo a non mutare la loro pelle e conservando però, anche i limiti commerciali di una tradizione seriale che molto ha in comune con le soap, soprattutto sul versante tragicomico delle morti/rinascite dei personaggi.

giovedì 13 settembre 2007

License to ill

Sto cazpita di raffreddore di cui scrivevo più in basso non solo non accenna a passare, ma peggiora di giorno in giorno. Adesso sputo delle cinquecentolire di catarro verdastro che fanno paura. Oggi ho mollato il lavoro e ho dormito tutto il pomeriggio, la camomilla bollente col miele che sto bevendo adesso mi sembra la cosa più buona al mondo, in queste condizioni.

Il nuovo medico di famiglia, una donna, a prima vista sembra una stronza di prima scelta, sta a vedere che in 35 anni ho cambiato solo un medico della mutua (per decesso) e adesso ne cambio uno al mese. Che poi sai cosa ti dicono alla ASL all'atto del cambiamento? "No guardi questo è meglio che non lo scelga perchè è nel giro di quello che ha cambiato. Sa comè..." Non lo so comè, me lo spieghi lei.

Sabato sono a Milano a vedere Grillo c/o la festa dell'Unità (non è una contraddizone, Grillo ad una festa di partito?) e un pò la voglia mi è passata per le ragioni già espresse, un pò se sto conciato così mi viene da piangere al pensiero.
Domani rimango a casa. Riposo e autocommiserazione. Uniti ad una dose massiccia di medicine, tra l'altro prive finora di alcun effetto significativo. Magari ne approfitto per leggere e riportare qui il capitolo finale di Civil War (vi è andata male, non mi sono dimenticato...).

Ho in sottofondo il disco di Eddie Vedder, colonna sonora, mi dicono, del nuovo film di Sean Penn, Into the wild. Recuperato pochi minuti fa grazie ad un amico (trattasi di illecito, non posso fare il nome) e cotto e mangiato, come si dice. Sono arrivato alla traccia numero sette senza avvertire il bisogno di cambiare, e di questi tempi è già molto.

Però mi ci vuole un'altra camomilla.

Gente di livello


Allora è vero che più si invecchia e più si trae piacere dai ricordi della giovinezza.
Vale anche per la musica: è veramente valida la riscoperta di suoni che amavamo 20-25 anni fa oppure è solo un mero fattore nostalgico?

Per esempio, in questi giorni sto riascoltando i Level 42, che sono da molti considerati alla stregua del pop da classifica metà anni 80 tipo Duran Duran e compagnia cantante.
In realtà la band di Mark King, bassista,cantante e leader del gruppo, ha radici funk, improvvisazioni che sfociano a volte nella fusion e un gusto per la melodia che nel brevissimo volgere di un lustro gli ha dato un po’ di notorietà.

Sfogliando il catalogo di dischi per corrispondenza sweet music (davvero molto valido) trovo questa raccolta dei Level 42 in CD doppio a 6 euro e visto che della band ho solo materiale in LP, l’ho ordinata.
Non è un cd della label del gruppo, copertina nera e grafica da bootleg, nessun libretto.
Però le 29 canzoni incluse nella raccolta coprono tutta la carriera della band, inizi,hits e pezzi meno noti. Lo metto nel lettore CD e scopro che (il trucco c’era!) è un live mascherato; le voci del pubblico sono state praticamente rimosse dall’incisione, ma si tratta evidentemente di brani tratti da concerti.
Poco male, anzi meglio così, visto che i brani ci guadagnano, anche nel caso delle hits più note (Lessons in love, Running in the family) che nelle versioni di studio sono arcinote.

Riascoltare questa roba a più di vent’anni di distanza fa un effetto particolare, da una parte c’è il cullarsi nella nostalgia di un periodo e di determinate melodie, dall’altra 7000 giorni dopo gli ottanta e con molta esperienza di ascolti nelle orecchie, si apprezzano aspetti che allora si tralasciavano in nome del refrain cantabile.

Il lavoro continuo del basso slappato, le tastiere, le entrate jazzy del sax, le improvvisazioni, i cambi di tempo. Mi convinco sempre di più che i level 42 siano un grande gruppo fuori dal tempo, portatore a tratti di furore funk di tutto rispetto e invece ingiustamente etichettato come leggero e commerciale.

A prova di questo vostro onore posso portare anche il doppio (in vinile) live A phsycal presence, uscito l’anno prima di Wolrd machine e del successo commerciale di Something about you, che ha lanciato il gruppo nelle charts di mezzo mondo. Lì si intuisce la vera dimensione dei musicisti, con versioni di Hot water, Love games e 88 che occupano da sole due facciate del vinile per una durata complessiva di quasi un ora (laddove nei dischi di studio duravano i canonici 3-4 minuti).

Come spesso mi accade quando mi entusiasmo per un artista (nuovo o di recupero che sia) mi fiondo in rete a cercare news; e così scopro (ci credete alle coincidenze?) che proprio mentre sto liberando dall’oblio in cui li avevo riposti i Level 42 loro fanno uscire un disco nuovo di zecca: Retroglide, licenziato il 18 settembre 2006, inciso dopo anni di assenza dal mercato.

L’ultimo loro disco che avevo ascoltato era Staring at the sun e francamente quello sì era un disco pomposetto, con un singolo raccapricciante che non è riuscito nemmeno a fare breccia nelle charts, che era immagino lo scopo per il quale era stato inciso.

E anche se da allora ne è passata di acqua (e di split e di reunion), un po’ di scetticismo è fisiologico. Mi sistemo le cuffie, faccio partire windows media player su Dive into the sun (la open track) e mi accorgo che sorrido come un idiota già dalle prime note. E il meglio deve ancora venire, Sleep talking e la title track sono trascinanti e ispirate alla perfezione, una grande prova di vitalità e di “gamba” da parte di un gruppo pop di ultracinquantenni.

Non voglio convincere nessuno che la storia si è persa un grande gruppo, per carità, ma è certo è che se nessuno ha colto finora l’eredità pop funk dei level 42 (gli ultimi RHCP?!?) forse possiamo affermare che, a modo loro, sono stati unici nel loro genere. Il che mi sembra una mediazione ragionevole tra ragione (la storia musicale distratta) e sentimento (il mio affetto per artisti minori).

mercoledì 12 settembre 2007

In prigione in prigione

Ero favorevole all’indulto, e in parte lo sono ancora.

Credo che chiunque abbia a cuore i problemi dei cosidetti ultimi, abbia condiviso la necessità di intervenire sulla sovrapopolazione delle carceri italiane. I più grandi istituti di detenzione sul territorio erano (e in misura inferiore sono ancora) sovraffollati.
Chiunque può immaginare cosa significhi aggiungere una brandina in più, quando non addirittura due, in una cella di pochi metri quadrati.
Chiunque può pensare cosa significa rinchiudere insieme persone agli opposti per cultura, etnia,tradizioni.
Il precedente governo poi su questa situazione già di per se grave, aveva aggiunto il carico da undici della detenzione anche per consumo (sopra una certa soglia) di droghe, eliminando la distinzione tra una canna e una pera di ero.

Serviva quindi una riforma carceraria seria e strutturata. L’indulto serviva come punto di partenza per sviluppare un processo di civiltà, doveva essere inserito in un progetto di riforma degli istituti di pena, magari anche della giustizia e dei tempi dei processi. Andava valutata l’opportunità di costruire nuove e più moderne strutture, di istituire programmi di recupero, soprattutto per i giovani, andava studiata la situazione sociale delle aree più esposte ai fenomeni di criminalità. Niente di tutto questo invece. L’indulto è rimasto un provvedimento isolato, svuotato quindi anche del suo valore caritatevole, un neonato abbandonato senza cure, lasciato alle fiere dei media che lo tiravano di que di là.

Eppure l’indulto è stato votato da due terzi del parlamento (FI inclusa), hanno un bel menare il torrone Fede, Belpietro e Feltri ad ogni crimine commesso da uno scarcerato a causa di questo provvedimento.

Questi crociati a singhiozzo del valore della cristianità, non si ricordano nemmeno che fu papa Woytila, in visita ufficiale al parlamento a chiedere pietà per i carcerati, attraverso la grazia. E in un’assise ormai dipendente dalle posizioni ecclesiastiche la parola del santo padre è diventata legge.

Tra non molto torneremo alla situazione precedente, e dubito che i carcerati abbiano ulteriori chances di vedere migliorata la loro condizione. E così avremmo sprecato un’altra occasione per far crescere il nostro livello di civiltà. Che, come diceva qualcuno, si misura anche con lo stato delle carceri.

martedì 11 settembre 2007

Lo so il perchè

Non ti accorgi di quanto ti hanno fottuto in profondità gli Eagles, finchè non ti ritrovi ad accompagnare, cantando a voce sostenuta e con una discreta mimica facciale, I can’t tell you why, diffusa dagli altoparlanti di un grande centro commerciale affollato, incurante degli sguardi sbigottiti della gente.

Washington square serenade, una recensione

Washington square serenade è con ogni probabilità il disco che capita nel momento più sereno della vita di Steve Earle.
Lasciato il Tennesse, a pieno titolo incluso nella bible belt che ha sancito la vittoria elettorale di Bush, e trasferitosi a New York City, Steve sembra rinato.
E questo stato d’animo si riflette in pieno nel nuovo lavoro. Anche musicalmente l’artista, pur elaborando un lavoro tipicamente earliano, lo fa con un approccio e alcune sonorità per lui inedite. Per parafrasare un suo testo, si può dire che abbia aperto la porta e lasciato entrare il mondo.

Almeno un terzo del disco è strettamente personale, parla di lui, della sua nuova vita, del suo nuovo amore e del colpo di fulmine per la città dei migranti, New York City.

Tennesse blues apre il cd, una folk ballad malinconica che solo Steve (o Townes Van Zandt, suo cattivo maestro) potrebbe scrivere. E’ l’addio di Earle alla sua terra, destinazione NYC. Senza rimorsi e con qualche rancore. Bello il riferimento alla Guitar Town, sorprendente la dichiarazione “questa non è mai stata casa mia”.

Down Here below è la dedica a New York di cui sopra e ritornello a parte, è uno spoken sullo stile di Warriors, presente sul precedente disco, e dimostra (la prima strofa è letteratura ) come le recenti prove da scrittore abbiano fatto crescere il songwriting di Steve.

Satellite radio si apre su un incedere quasi hip hop, con tanto di effetto vinile rovinato, e ha un ritornello che dal vivo funzionerà alla grande. Il suo appello , (Is there anybody listenin’ to earth tonight on the satellite radio?) è curiosamente vicino a quello del nuovo singolo di Bruce Springsteen, Nowhere radio (is there anybody alive out there?).

City of immigrants è di nuovo un tributo a New York, alle sue culture, alle sue differenze, ai suoi idiomi,alla fabbrica di sogni e delusioni che sa essere. Si adagia su di un tappeto di percussioni tribale, eseguito dal gruppo brasiliano Forro In The Dark, Steve stende un testo meraviglioso, che si conclude con l’ossessivo mantra “siamo tutti immigrati” .


E’ questo sicuramente un lavoro che si distacca dai precedenti album politici di Steve.
Gli ultimi due album, Jerusalem e Revolution starts…now infatti, erano straordinarie raccolte di canzoni di denuncia, crude, d’impatto, a volte ironiche, ma sempre estremamente esplicite; erano sale sulle ferite dell’America.
Washington square serenade è ancora un disco politico, ma più trattenuto, introverso, poetico. Meno di denuncia e più di riflessione. Il minimo comun denominatore resta la vena compositiva di Steve, sempre a livelli eccezionali, che lo conferma come uno degli ultimi, grandi autori classici della canzone americana.

Ed è proprio alla grande tradizione delle protest songs americane, oltre che direttamente a Pete Seeger, che Steve fa riferimento con Steve’s hammer. Il martello di John Henry, protagonista di un brano di Seeger appunto, e simbolo delle ingiustizie della classe operaia americana e più in generale delle disuguaglianze sociali, passa idealmente nelle sue mani, “one of this day i’m gonna lay this hammer down” canta Steve, e sembra di vederlo sollevare stancamente questo peso per scagliarlo poi violentemente contro il suo obiettivo, “When there ain’t no hunger And there ain’t no pain Then I won’t have to swing this thing” si affretta ad aggiungere. C’è ancora del lavoro da fare, non si può riposare.

Dopo aver omaggiato lo stile di Tom Waits con Red is the color (chissà se l'artista americano ha mai sentito parlare di Pierangelo Bertoli...) Steve si toglie lo sfizio di eseguire una suo brano, e con Way down in the hole (da Frank’s wild years) chiude questo lavoro che ripaga pienamente le attese (più di tre anni dal precedente) e che segna una svolta nella musica di questo immenso e sottovalutato artista americano.

Probabilmente la musica di Steve Earle è fuori dal tempo, dalle mode, persino dai reflussi delle mode stesse. Forse si fa fatica a classificare le roba che suona, folk, country, rock, blues, anche se in un era in cui (purtroppo) non esistono più i negozi di dischi, in quale scaffale collocare i dischi di Earle dovrebbe essere l’ultimo dei problemi delle major.
Sono convinto che se le radio passassero City of immigrants con un terzo della frequenza con cui ci hanno bombardato i neuroni con l’ultima, irritante, canzone di Irene Grandi, in molti comincerebbero ad apprezzare la classe di questo autore.

Ma forse è giusto così. Ne Steve ne i suoi fans apprezzerebbero una devozione di massa. In fondo in fondo, entrambi ci godono un mondo a fare gli snob.




P.S.
è un pò che lavoravo a questo post, e giuro che è solo una coincidenza se pubblico l'undici settembre una recensione di un disco di Steve Earle...

lunedì 10 settembre 2007

Where do we go from here?


Non che la classe politica italiana non dia spunti di profonda critica, con le sue contraddizioni, i suoi privilegi e il suo progressivo allontanamento dai problemi quotidiani della gente, ma ho deciso che i toni con i quali Beppe Grillo pone i temi in questione alla ribalta, non riesco davvero a condividerli.

Ho appena spento il televisore dove trasmettevano il suo comizio di ieri al Vaffanculo Day a Bologna e la visione di Grillo arruffapopoli mi ha lasciato un profondo senso di inquietudine.

Vederlo lì con la bava alla bocca salmodiare i suoi vaffanculo nell’indifferenza generale di una folla che sembrava adunata lì per ridere e si è trovata davanti uno che parlava come l’ubriaco del paese, al quale dai sempre ragione perché tanto sai che argomentare sarebbe inutile, mi ha fatto un po’ pena e un po’ raccapriccio.

Mi sembra che da spunti meritevoli e interessanti, Grillo sconfini sempre in terreni al limite dei provvedimenti da regime totalitario (la prima iniziativa che hanno preso fascismo e nazismo dopo aver raggiunto il potere è stata quella di chiudere partiti e sindacati).

Che i deputati condannati non possano più essere eletti lo firmerei anche col sangue, e che nel meccanismo elettorale non ci debbano più essere quote attraverso le quali i partiti piazzino i loro cavalli fuori dal consenso degli elettori può essere condivisibile, mentre sul limite delle due legislature ho qualche perplessità e proprio non penso che i partiti vadano cancellati dalla faccia della terra, sarebbe un po’ come radere al suolo una città per uccidere un delinquente.

Ormai quella di Grillo più che satira mi sembra quasi rancore personale, che posso capire vista la storia del comico con le istituzioni e la politica nazionale, ma che non può diventare la battaglia alla quale aderiscono migliaia di cittadini.

Le precarietà (sociali, lavorative, abitative, di sicurezza) sono le profonde insoddisfazioni della gente, ed è chiaro che chi fa il CO.CO.PRO. o l’interinale da sessanta mesi è lì che urla “VAFFANCULO” davanti a microfoni e telecamere, davanti ad una politica, anche di centrosinistra, cieca e sorda alle sue esigenze, ma c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel proporre una sorta di bomba H contro il sistema italiano.

Non è più satira dicevo, nessuno rideva al comizio di Grillo, ma non è nemmeno politica, è più uno sfogatolo, una sputacchiera collettiva, quella che il comico offre alla gente che condivide il suo pensiero.

Non voglio dire che la politica va cambiata al suo interno, perché so che è retorica, i movimenti slegati dalla politica mi sembra però che abbiano sempre esistenze brevi e rimangano legati al momento, senza un progetto realistico per il medio-lungo periodo.

Non voglio nemmeno fare sociologia spicciola, ma è chiaro che la società è mutata radicalmente da 10-15 anni a questa parte.
Eravamo il paese delle due chiese, quella cattolica e quella comunista, in ogni sobborgo insieme alla chiesa, nella piazza principale, c’era la sezione del Partito. E lì, una sera sì e una sera no, c’erano i dibattiti, i direttivi, i comitati, discussioni fino a notte fonda, c’era la partecipazione collegiale. C’era un attenzione al sociale, ai bisogni collettivi, magari non sempre si riusciva ad intervenire, ma almeno a Montecitorio sapevano di avere gli occhi puntati adosso e raramente cagavano fuori dalla tazza.

Mi ripeto, secondo me l’asticella del degrado e del malaffare è stata portata su dall’avvento di Berlusconi, oggi si può fare quasi tutto, che gli italiani sono anestetizzati. Quello che fa ancora paura è la mole di voti che prende quest’uomo. A nessuno interessa chi, come,perché, lo votano, e lo votano con entusiasmo.

Ecco, anche se so che l’iniziativa di Grillo è trasversale, mi avrebbe comunque fatto piacere che fosse stata organizzata con la destra al potere, che i nostri basta un raffreddore per andare all'altro mondo
.
Alla fine ho la brutta sensazione che Grillo strada facendo abbia cominciato a prendersi un po’ troppo sul serio. Intendiamoci, alcune battaglie civili sono e sono state meritorie, ma aprire il suo blog e trovare, accanto ai post, pubblicità sui suoi libri, i suoi dividì, le sue iniziative commerciali, mi fa pensare a quei canali americani dove i preti fanno il tre per due sulle bibbie, con in sovraimpressione i riferimenti per i versamente di contante, carte di credito o bonifici.

Non lo so, ho sempre diffidato di chi spara a zero senza avere la responsabilità di confrontarsi, mediare, compiere scelte difficili, ma questo è un mio problema, legato probabilmente all’attività che svolgo e al senso di responsabilità che mi è stato trasmesso.

Chiudo con una citazione. Arrivo buon ultimo su Giorgio Gaber, e non voglio insegnare la sua arte a nessuno, ma credo che la sua critica politica, seppur impregnata anch’essa di una buona dose di anarchia, sia di un livello superiore e che descriva al meglio il come eravamo e cosa siamo diventati. Come questo brevissimo monologo, tratto da Il teatro canzone (1992):


Che cambiamento, eh?

Io mi ricordo che qualche tempo fa si parlava, si parlava, si parlava con i comp… con gli amici, si parlava nelle case, ma anche fuori, nelle piazze, si discuteva, si discuteva di tutto, il mondo, la politica, la vita, i fatti personali, insomma si parlava… anche troppo!

Poi di colpo, niente!

No, voglio dire, altre cose: il tennis, i vini del Reno, com’è la neve a Cortina… per carità io non c’ho niente contro la montagna e neanche contro il tennis o il cricket o lo squash.

Ci dev’essere uno strano godimento a sentirsi inutili, perché sono tutti più allegri, più ottimisti e tutti via a sciare e vela, windsurf, equitazione, golf… bello!

Secondo me per essere bravi in quegli sport lì non è che bisogno essere proprio imbecilli, però aiuta!

Poi un po’ di bella vita, un po’ di soldi non fanno schifo a nessuno, si diventa più belli, più puliti, un’ora di palestra, una doccia, l’amore, la pienezza dei sensi, la natura…

venerdì 7 settembre 2007

Gimme back my pantofole

Si ricomincia, come prima più di prima.

Continua tutti i martedì la straordinaria doppietta SOPRANO/SIX FEET UNDER, su Cult (SKY)

Da venerdì 14 settembre, su Italia 1
PRISON BREAK, seconda stagione

Da venerdi' 21 settembre, su SKY
24, tutte le stagioni, dalla prima serie

Da lunedì 1° ottobre, su SKY
LOST, terza stagione


Mentre per la sesta, attesissima serie di The Shield e la quinta di Nip/Tuck bisognerà aspettare fino a primavera, quando Italia 1 le trasmetterà.
Questa volta il videoregistratore si squaglia per davvero.

giovedì 6 settembre 2007

The day after

Anche quest'anno arrivo primo, in fuga solitaria, sul traguardo del raffreddore fuori stagione. Mi sono svegliato con il naso sigillato, la gola cartavetrata, la testa più pesante di un disco dei sigur ros. Alla grande. Stasera vado a conoscere il mio nuovo medico di famiglia, una donna. Avevo programmato la visita giorni fa, per farmi preparare un'impegnativa per una visita specialistica, ne approfitterò per farla lavorare un pò.

Ieri la giornata è trascorsa tranquilla, un paio di telefonate d'auguri particolarmente gradite, sopratutto quella di un'amica umbra che diventerà mamma a fine mese e che è una delle persone più solari e spontanee che conosca, poi cena dai suoceri, dove in questi giorni si è stabilita la mia famiglia e infine a casa. Avevo in programma di vedermi Il Mucchio Selvaggio di Sam Packinpah, inseguito a lungo nel corso degli anni e mai raggiunto, ma alle dieci avevo già la testa a catapetere per via del raffreddore, sicchè dopo aver assistito alla prima vittoria della nazionale italiana di basket, sulla polonia, sono andato spedito a letto.


Concludo queste sconclusionate elucubrazioni (lo sapete che da ragazzo volevo usare questo termine per darmi un tono con le ragazze, e un paio di volte mi è uscita fuori la parola eiaculazioni? Quando si dice il lapsus froidiano...) con un inquietante interrogativo: perchè non si apre il forum di maurino (QBR)???

mercoledì 5 settembre 2007

Non sono pronto


E con oggi sono trentanove.

Però me ne sento venti in più. Almeno credo. In realtà non so come ci si senta a 59 anni.

martedì 4 settembre 2007

Dipendenze


In giorni come questi mi chiedo come sopravviverei senza maalox

lunedì 3 settembre 2007

Bugie

Non è che non ci provi ad andare oltre i miei vetusti orizzonti musicali, anzi, si può dire che sono sempre alla ricerca di nuovi suoni a cui appassionarmi.
In questi giorni è il turno dei Liars, che avevo già tentato di approcciare ai tempi della mia frequentazione del forum del Mucchio, per merito di un utente particolarmente persuasivo e felice nella comunicazione.
Li avevo trovati interessanti per il primo pezzo, un pò ripetitivi per il secondo, insopportabili dal terzo in poi. Però, giacchè continuano a ripetermi che sono il rock del terzo millennio, ci riprovo con il loro nuovo, omonimo, lavoro. Più chitarre, cori, un pò (ma solo un pò) meno elettronica. Un grande inizio (Plaster casts of everything) e poi di nuovo un marasma di suoni e loop molto cool, pure troppo direi, visto che mi si ghiacciano i maroni.
Mi sa che perdo pure questo treno per la musica-che-piace-alla-gente-che piace; per consolarmi vado a recuperare Fighting the world dei Manowar, che almeno lì la volgare e ottusa dimostrazione di potenza ha un senso. Almeno per me.

domenica 2 settembre 2007

Ci vuole la pistola, altrochè

Sabato sera. All'ultimo minuto utile (come sempre) vado a comprare due cose per cena. Non al supermercato che è aperto fino alle 21, ma al minimarket, sapete no, quello che ha meno scelta ma gestione familiare, frutta e affettati migliori, buona gastronomia...
Vabbeh, arrivo, metto la macchina nel parcheggio deserto, la chiudo e vedo che mi passano a fianco due magrebini, uno in bici (che dalle dimensioni sembra per ragazzo) l'altro in piedi su due pradellini posti al centro dei raggi della ruota posteriore del suo amico. Si allontanano di fretta. Una frazione di secondo dopo escono la vecchia cassiera e il salumiere, coetaneo della cassiera. Gli intimano poco convinti di fermarsi, poi si rassegnano a scuotere la testa e rientrano.

I due hanno messo a segno un colpo, mi dico.
Entro.
Lo shock della rapina è ancora nell'aria. La Giovanna (la ragazza del banco della gastronomia) è quasi in lacrime. Il salumiere la incalza: "Te l'avevo detto di tenerli d'occhio!" "Si vedeva che avevano in mente qualcosa!" "Di quelli lì non bisogna fidarsi, io avevo capito tutto" Tende a precisare la vecchia cassiera.

Mi faccio sotto anch'io e chiedo, comprensivo, alla Giovanna, che ormai non trattiene più le lacrime: "Cosa hanno preso?"
Lei con il dito indica lo scaffale alle mie spalle e sussurra: "Due scatole di sardine..."

Due scatole di sardine.
"DUE SCATOLE DI SARDINE?!? E STATE AFFA' TUTTO STO CASINO?!?
E CHIAMATE LA SCIENTIFICA COL LUMINOL!!!
MAANNATEVENE AFFANCULO, AVVOI E AMME' CHE VENGO ANCORA IN STO POSTO DI LEGHISTI DI MERDA!!!"


Ovviamente, in puro stile Six Feet Under, l'ultima parte l'ho solo immaginata, anche se stavolta ci sono andato davvero vicino.